Da Genova il ritratto di una Chiesa all’insegna della missionarietà

Concluso il 26° Congresso eucaristico. Il cardinale Bagnasco: «Per la fame dell’anima le parole non bastano più». Ripartire dall’Eucaristia

Concluso il 26° Congresso eucaristico. Il cardinale Bagnasco: «Per la fame dell’anima le parole non bastano più». Ripartire dal «timbro» dell’Eucaristia

Un palco affacciato sul mare, in piazzale Kennedy, per la celebrazione eucaristica di chiusura. Nell’assemblea, circa 15mila persone, tra convegnisti e fedeli accorsi da tutta la Liguria. Si è concluso così ieri, domenica 18 settembre, a Genova, il 26° Congresso eucaristico nazionale, che ha visto come inviato speciale di Papa Francesco proprio il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. A lui dunque il compito di concludere le quattro giornate dell’assise, tracciando l’identikit di una Chiesa all’insegna della missionarietà e della misericordia. Al centro, il dono dell’Eucaristia, «principio e forza di un modo nuovo di stare nel mondo».

Il primo pensiero del cardinale, come già nella celebrazione di apertura in piazza Matteotti, è andato alle vittime del terremoto, alle quali ha espresso la «vicinanza fraterna» di tutta la Chiesa italiana. A loro saranno destinate le offerte della Messa. Alle persone senza fissa dimora è dedicata invece l’opera-segno del Congresso: la realizzazione di due dormitori nei quali sarà possibile trovare cena, una sistemazione per la notte e prima colazione. Molti i giovani presenti, tanti dei quali “reduci” dalla veglia della sera prima in piazza Matteotti, per l’annuncio della Missione dei giovani ai giovani promossa dalla diocesi, al via in autunno, dal titolo “Gioia piena”.

Proprio i giovani, insieme alle famiglie e ai «diseredati della vita», sono stati i destinatari principali del «mandato missionario» consegnato dal cardinale Bagnasco nella celebrazione conclusiva. Ai giovani Bagnasco ha rinnovato l’invito a loro rivolto dal Papa a Cracovia, nella Giornata mondiale della gioventù: «Non scoraggiatevi mai, l’umanità ha bisogno di voi, di giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore». Alle famiglie, «Chiesa domestica e scuola accogliente di vita in tutte le sue fasi», è andata invece l’esortazione a «lasciarsi incontrare dal Signore e custodire la sua amicizia. Una famiglia che prega – ha evidenziato il cardinale – non potrà mai essere semplicemente disperata né cadere totalmente in preda alla discordia». Da ultimo, ai «diseredati della vita» il presidente Cei ha rinnovato la prossimità della Chiesa, auspicando che «il Dio dell’amore ci spinga a camminare insieme, nella promozione della stessa dignità e nella responsabilità di un comune destino». Infine la «gratitudine» alle persone consacrate, alle claustrali e ai sacerdoti, «in mezzo al nostro popolo ogni giorno: la nostra unità – le parole del porporato – è il primo annuncio del Vangelo».

Oggi, è la riflessione di Bagnasco, c’è «una fame dell’anima» per la quale «le parole non bastano più». L’unico modo di saziarla allora è «uscire per andare incontro a ogni uomo», partendo dal «dono» dell’Eucaristia. Ha parlato di «un modo nuovo di stare nel mondo», il cardinale, salendo insieme, come «popolo», sulla stessa barca, riconoscendo la signoria di Cristo, pane vivo disceso dal cielo «che nutre di grazia la vita», e facendone una sorta di «timbro» che marchia tutta la vita. Mangiare questo pane infatti, ha ammonito il cardinale, «non può ridursi a un’abitudine, né a un gesto di amicizia fraterna; è aprirsi a Colui che è così grande da farsi tanto piccolo! È divenire come la goccia d’acqua versata nel calice del vino fino a ritrovare se stessi nel mistero di Dio, capaci di nuove relazioni con tutti».

Nelle parole del presidente Cei, anche un pensiero per «il nostro amato Paese» e per «quanti guardano a questo grande cenacolo con l’attesa di una parola particolare». La fine dell’omelia del cardinale Angelo Bagnasco è dedicata all’Italia e agli italiani. Come comunità ecclesiale, ha continuato, «vorremmo dirvi che vi siamo sinceramente vicini, che ci state a cuore, che ci anima una piena disponibilità a incontrarvi; insieme con voi ci sentiamo pellegrini verso casa». Ancora, ha continuato: «Siamo pastori di una Chiesa esperta in umanità: la nostra voce è discreta, ma ora, come una vela al largo, sostenuta dal vento dello Spirito, prende vigore e proclama : “O uomini che ci ascoltate: la nostra gioia è grande e si chiama Gesù!”».

Al termine della celebrazione, il cardinale ha affidato ad alcuni giornalisti dei media Cei una sorta di sintesi della giornate di Genova. Ha ricordato le parole pronunciate a braccio la sera del 17 settembre al termine della processione eucaristica: «Abbiamo visto e incotnrato il Signore nel nostro popolo, nella nostra Chiesa, nel volto della nostra gente. Abbiamo intensamente pregato e sperato perché il Congresso eucaristico non fosse soltanto un programma da svolgere, con date e appuntamenti, ma un evento da vivere, cioè un incontro con Gesù». Di qui il «grazie» a tutti i partecipanti, per «una presenza che non solo onora la nostra Chiesa ma rende bella la Chiesa in Italia e incoraggia il cammino delle nostre comunità». La mèta, ha osservato, è «andare oltre il mare per incontrare gli altri, ma senza dimentare il mare di casa, il nostro Paese, per tessere quel tessuto sociale che non deve assolutametne sfaldarsi e di cui abbiamo bisogno». Navigare su due mari, è la riflessione del cardinale, comporta la capacità di «diventare dissidenti» nei confronti della cultura dominante, e di «dire che il re è nudo».

19 settembre 2016