Nelle tende a Santi Apostoli il sapore forte della famiglia

Dopo lo sfratto da via Quintavalle, 76 nuclei hanno trovato rifugio nell'atrio della basilica. Il parroco padre Agnello: «Povertà che è sale evangelico». Accoglierli, «quasi come offrire un tetto a Giuseppe e Maria»

Un’unica grande famiglia: questo si considerano i 76 nuclei familiari sfrattati lo scorso agosto dall’edificio di via Quintavalle, a Cinecittà, e che hanno trovato rifugio nell’atrio della basilica minore dei Santi Apostoli, a due passi da piazza Venezia. «Per noi non esiste nazionalità: italiani, africani, immigrati dalle terre dell’Est, insieme lottiamo per i nostri diritti – spiega Katia – cercando di aiutarci come possiamo». E ieri pomeriggio, 11 dicembre, a partire dalle 15.30, una forma di aiuto e vicinanza è stata offerta anche da un’equipe di medici volontari, professionisti soci dell’Anlep, Associazione nazionale libertà e progresso, che si sono resi disponibile per visite specialistiche gratuite. «Proprio in concomitanza con l’irrigidirsi delle temperature – ha detto il responsabile organizzativo – e sapendo che tra gli sfollati ci sono anche tanti bambini e anziani, abbiamo voluto dare il nostro contributo».

E così un pediatra, un cardiologo, un otorinolaringoiatra, un oculista e un ortopedico hanno offerto la loro consulenza insieme anche ad un infermiere che ha misurato la pressione a tante persone. «Molti di noi, specie i bambini – riferisce Angela – hanno raffreddori e bronchiti ma c’è anche chi soffre di malattie croniche, come mio figlio che è diabetico, o chi ha subito da poco un intervento, ad esempio all’ernia del disco». Fino a qualche settimana fa, tra le tende canadesi che fanno da casa alle famiglie c’era anche una mamma che ha dato alla luce due gemelli: «A quattro giorni dal parto era qui con noi»,  racconta ancora Angela.

«Di sicuro la consulenza medica di eccellenza – chiosa padre Agnello Stoia, parroco dei Santi Apostoli – è qualcosa di importante, così come il servizio della Croce Rossa i cui volontari passano regolarmente fornendo qualche cura e medicinale». Tuttavia,  considerato anche il freddo di queste ultime giornate, il francescano auspica che «questa pagina della città di Roma si chiuda presto, e non certo perché sia scomodo per me o per i confratelli offrire riparo» ma a motivo della «preoccupazione per queste persone che vivono in tenda da mesi in condizioni precarie». Padre Agnello ha evidenziato come questa situazione di povertà strida in un luogo così centrale della Capitale ma anche come sia «sale evangelico che ha sensibilizzato tante persone, non solo della parrocchia», e quanto l’accoglienza offerta dai frati «non debba apparire qualcosa di straordinario ma il minimo che si possa fare nell’emergenza, quasi come offrire un tetto a Giuseppe e Maria» .

Preservare l’unità di questi nuclei familiari è infatti la principale preoccupazione del parroco, in linea con quanto chiedono tutte le persone sfrattate: «Una casa non riusciamo proprio a pagarla – dice Katia – e l’unica certezza per noi è la famiglia, ma il Comune ci chiede la registrazione non all’anagrafe ma secondo le famose linee di fragilità e questo noi lo rifiutiamo» perché vorrebbe dire portare le mamme con i figli minorenni in case famiglia mentre i padri e i figli più grandi altrove e gli anziani in ospizi. «Ma all’unità della famiglia, almeno a questo, non rinunciamo», conclude con forza.

12 dicembre 2017