Don Santoro «ponte di riconciliazione tra Oriente e Occidente»

A Santa Croce in Gerusalemme la giornata in ricordo del sacerdote ucciso in Turchia. Sandri: «Ha percorso il suo itinerario verso la luce»

A Santa Croce in Gerusalemme la giornata in ricordo del sacerdote ucciso in Turchia. Sandri: «Ha percorso il suo itinerario verso la luce» 

Da una parte l’Occidente cattolico, dall’altra l’Oriente cristiano e musulmano. «Don Andrea Santoro si è offerto come ponte di riconciliazione tra due mondi». Lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato così l’impegno interconfessionale e interreligioso del sacerdote romano ucciso in Turchia, a Trabzon, il 5 febbraio 2006, mentre pregava nella chiesa di Santa Maria che gli era stata affidata.

«Tolse la polvere con la fede e scoprì le tracce del cristianesimo che si saldavano ai rottami della Chiesa. E per scoprirle bisognava vivere una dimensione ecumenica», ha detto Riccardi, ieri, domenica 27 novembre, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme, in occasione dell’ultimo appuntamento promosso dall’associazione don Andrea Santoro con la diocesi di Roma e l’associazione Finestra per il Medio Oriente in memoria del sacerdote a dieci anni dal suo martirio. Un momento di riflessione sulle tappe che ne hanno scandito la vita e sulle inquietudini che ne hanno animato la missione. Ad ascoltare con attenzione, anche monsignor Enrico Feroci, direttore di Caritas Roma, molto vicino al sacerdote, e la sorella Maddalena.

«Don Santoro era convinto che a Roma si dovesse andare oltre le mura per essere veramente Chiesa – ha aggiunto Riccardi -. In Turchia invece col suo impegno cercava di far rinascere la vita dei cristiani». Poi, un flashback nelle parole dello storico. E qui il ricordo dell’eredità spirituale di monsignor Landucci, l’ordinazione per imposizione delle mani del cardinale Poletti e il primo incarico da parroco dopo 10 anni di sacerdozio nelle periferie. Nel ritrarre le qualità del sacerdote martire lo storico ha ricordato la sua obbedienza ma anche le «inquietudini spirituali profonde», manifestate con i suoi pellegrinaggi in Terra Santa: «Furono il filo che lo portarono in Oriente», ha affermato Riccardi, che ha ricordato il suo pensiero: «Andare fuori ci permette di entrare dentro di noi».

Così in Oriente invitò tanti gruppi romani. I suoi primi passi in Turchia li mosse al confine con la Siria, poi il trasferimento a Urfa, dove «visse uno stile abramitico nel dialogo con i musulmani». Nel 2002 la sua preoccupazione in uno scritto: «Non è facile abbattere i muri, aprire le porte». Eppure continuava a credere nel suo sogno: «Desiderava che i cristiani vivessero in amicizia con i musulmani e in unità con i cristiani d’Oriente». Infine, il trasferimento a Trabzon perché «conosceva bene l’importanza di tenere la porta di una chiesa aperta».

Nella scelta della Turchia da parte di don Santoro il prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, cardinale Leonardo Sandri, ha letto «un percorso a ritroso nelle scintille dell’amore di Dio». Parole pronunciate durante l’omelia della celebrazione eucaristica, che ha presieduto nel secondo momento della giornata dedicata a don Andrea. «Essere uomini secondo lo Spirito significa essere capaci di percorrere un itinerario verso la luce, essere capaci di far fronte alle persecuzioni cui si è sottoposti nel nome di Gesù Cristo – ha aggiunto -. Questo è stato lo stile di don Andrea».

Il cardinale Sandri ha ricordato anche il ritrovamento nella copertina della sua bibbia di un esorcismo di Leone XIII: «Andrea non ha sottovalutato la lotta contro Satana. Non ha mai smesso di invocare la rivelazione del volto del Signore. La sua morte è stata una ferita dalla quale sta germogliando tanto bene spirituale», ha concluso il cardinale citando Papa Francesco.

 

28 novembre 2016