Il messaggio della Santa Sede per il Ramadan

Rivolto ai «cari fratelli e sorelle musulmani» il testo scritto del cardinale Tauran e padre Guixot. Insieme contro la violenza perpetrata in nome di Dio

Rivolto ai «cari fratelli e sorelle musulmani» il testo scritto dal cardinale Tauran e da padre Guixot. Insieme contro la violenza perpetrata in nome di Dio

È indirizzato ai «cari fratelli e sorelle musulmani» per la celebrazione del mese di Ramadan iniziato ieri, giovedì 18 giugno, il messaggio di auguri scritto dal cardinale Jean-Louis Tauran e da padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Il titolo: “Cristiani e musulmani: insieme per contrastare la violenza perpetrata in nome della religione”. E proprio dalla violenza subita, il cui ricordo «getta un’ombra sulla gioia della festa», prende avvio il messaggio. «Comunità etniche e religiose in numerosi Paesi del mondo – si legge nel testo – hanno patito sofferenze enormi ed ingiuste: l’assassinio di alcuni dei loro membri, la distruzione del loro patrimonio culturale e religioso, emigrazione forzata dalle loro case e città, molestie e stupro delle loro donne, schiavizzazione di alcuni dei loro membri, tratta di esseri umani, commercio di organi, e persino la vendita di cadaveri».

Tutti crimi gravi «in se stessi», rimarcano i due autori, ma resi «ancora più odiosi» dal «tentativo di giustificarli in nome della religione». Si tratta, commentano, «di una chiara manifestazione della strumentalizzazione della religione per ottenere potere e ricchezza». L’appartenenzaa una specifica razza o religione infatti non rendono una vita più preziosa di un’altra: «Nessuno può uccidere». E «nessuno può uccidere in nome di Dio; questo sarebbe un doppio crimine: contro Dio e contro la persona stessa». Per i due rappresentanti del dicastero vaticano per il dialogo interreligioso quindi «non può esserci alcuna ambiguità nell’educazione. Il futuro di una persona, di una comunità e dell’intera umanità non può essere costruito su tale ambiguità o verità apparente. Cristiani e musulmani, ciascuno secondo la rispettiva tradizione religiosa, guardano a Dio e si rapportano a Lui come la Verità. La nostra vita e la nostra condotta in quanto credenti dovrebbero rispecchiare tale convinzione».

19 giugno 2015