Intitolato a don Sardelli il progetto di housing sociale di Caritas Roma

La presentazione nel convegno (Dis)uguaglianze. 7 appartamenti già abitati; altri 4 saranno a disposizione entro l’anno. L’obiettivo: innescare percorsi di riscatto

Undici appartamenti. Sette già abitati da altrettanti nuclei familiari. Gli altri quattro saranno a disposizione entro il 2024. Con l’obiettivo di arrivare a cento nei prossimi tre anni. È il nuovo progetto di housing sociale intitolato a “Don Roberto Sardelli”, sacerdote scomparso nel 2019, che si è battuto per il riscatto esistenziale e morale dei baraccati dell’Acquedotto Felice, a partire dalla promozione del diritto all’istruzione fino al diritto all’abitare in un ambiente adeguato e salubre. Il progetto della Caritas diocesana, annunciato durante il convegno “Abitare a Roma…germogli di speranza” da Luca Murdocca, il responsabile, è stato istituito con un fondo iniziale frutto del lascito testamentario del sacerdote e contribuirà a offrire un alloggio adeguato e sicuro a persone senza dimora, famiglie in difficoltà, titolari di protezione internazionale, nonché consulenza e assistenza in ambito locatizio per i fragili. Un segno tangibile dell’attenzione della Chiesa di Roma che, attraverso il patrimonio immobiliare nella disponibilità della Caritas, «vuole promuovere la testimonianza della carità abitativa, responsabilizzando le istituzioni pubbliche e chiedendo a ognuno di fare la sua parte», come spiegato da Giustino Trincia, il direttore della Caritas romana.

L’obiettivo però non è solo quello di offrire una casa a quanti subiscono discriminazioni e ingiustizie, ma anche di favorire percorsi di riscatto e autonomia delle persone. «Sulla base di una ritrovata sicurezza abitativa, sarà ricercato il potenziamento e l’inclusione sociale dei beneficiari attraverso un coinvolgimento solidale delle comunità cristiane e sociali del territorio», ha spiegato Murdocca. Si potrà infatti usufruire degli immobili solo per una durata di 24-36 mesi alla cifra di 80-150 al mese. Ma nel frattempo le persone saranno accompagnate da operatori sociali che avranno il compito di agevolare il loro reinserimento nel mondo del lavoro. I percorsi non saranno standardizzati. «Già prima di iniziare l’accoglienza, si disegnerà con le persone ospitate delle vere e proprie strategie su misura. Gli operatori, che avranno competenze diversificate, si affiancheranno ai protagonisti del percorso per tutto il tempo, secondo un’intensità che varierà a seconda delle necessità», ha aggiunto il responsabile.

«Bisogna smettere di parlare dei poveri come se fossero dei vasi vuoti da riempire perché non hanno nulla da offrire. O, nella migliore delle ipotesi, come destinatari della beneficenza elargita dagli appagati», diceva don Roberto Sardelli. E il progetto è indirizzato proprio in questa direzione, senza avere la pretesa di essere risolutivo nei confronti del problema abitativo, ma con la speranza di fare da apripista per nuove esperienze di questo tipo.

24 maggio 2024