La questione abitativa e l’urgenza di «un lavoro corale»

Il nuovo incontro “(Dis)uguaglianza” promosso dalla diocesi nei 50 anni de “I mali di Roma”, aperto dal vicegerente Reina. «Nella nostra città oggi si muore da soli o si muore senza casa». Zevi (Roma Capitale): presto 1.500 appartamenti a Tor Bella Monaca

Famiglie senza un tetto. Case popolari fatiscenti. Studenti che rinunciano agli studi perché non trovano una sistemazione. Occupazioni abusive. Quartieri periferici senza servizi. Un quadro, quello che riguarda la situazione abitativa di Roma, che sembrerebbe non avere una via d’uscita. Da dove occorre ripartire? Ci sono dei barlumi di speranza? Se ne è parlato, ieri, 23 maggio, nel nuovo incontro “(Dis)uguglianze”, promosso dalla diocesi di Roma nell’ambito delle celebrazioni per i 50 anni del convegno passato alla storia come “I mali di Roma”. L’appuntamento si è tenuto proprio in una delle periferie della città: nella parrocchia di Santa di Santa Maria della Presentazione, a Bastogi, un complesso di case popolari nella zona nord-ovest della città.

I lavori dell’appuntamento dal titolo “Abitare a Roma…germogli di speranza” sono stati indirizzati proprio in tal senso, nel cercare di evidenziare non solo le ombre ma anche le molte luci presenti in città. Un’iniziativa che per questo motivo non vuole rimanere fine a sé stessa, ma aprirà «nuovi percorsi per iniziare a immaginare soluzioni concrete e creare sensibilità», ha detto il vicegerente della diocesi Baldo Reina. Il vescovo in apertura del convegno ha portato i saluti del Papa, anticipando come Francesco abbia inviato una lettera al Consiglio episcopale per rinnovare l’impegno sulla questione abitativa anche in vista del Giubileo. «È un tema complesso e per questo motivo serve un lavoro corale – ha aggiunto -. A Roma oggi si muore da soli o si muore senza casa».

Per il parroco della chiesa che ha ospitato il convegno, don Antonio Granio, «abbiamo bisogno di un cambiamento vero che parta dalla gente, che ha bisogno di sentirsi riconosciuta nella propria dignità. A Bastogi ci sono tante belle famiglie desiderose di riscatto». Un quartiere dove «la politica ha fallito», sono le parole di Sabrina Giuseppetti, presidente del municipio XIII, che ha espresso la sua volontà, insieme a Roma Capitale e al Campidoglio, di «mettere maggiormente il focus sulla zona, stanziando dei fondi per la manutenzione degli immobili». Le ha fatto eco Tobia Zevi, assessore al Patrimonio e alle politiche abitative di Roma Capitale, che ha annunciato «la costruzione di 1.500 appartamenti per 5mila persone a Tor Bella Monaca». Un quartiere che, come Bastogi, presenta molte difficoltà abitative.

«Sono più di 500mila i romani che vivono nelle periferie fuori dal raccordo anulare, rispetto ai 300mila di cinquant’anni fa – ha detto Salvatore Monni, professore ordinario presso il dipartimento di economia aziendale dell’Università degli Studi Roma Tre -. Sono quartieri sempre più popolati, ma senza servizi». Secondo Gianluca Chiovelli, studioso del territorio e socio di “Primavalle in rete” e di “Cornelia Antiqua”, «l’unica istituzione che può fermare questa situazione e intraprendere una visione di lungo corso è lo Stato. Tutti gli enti intermedi non riusciranno mai a trovare una soluzione. Deve essere intrapreso un piano nazionale che riguardi almeno i maggiori centri metropolitani». Un’emergenza, a detta di Paolo Berdini, urbanista e saggista, che è iniziata dal 1992-93, quando «si cominciò a pensare che la città fosse solo un prodotto dell’economia. C’è bisogno di un cambio di paradigma – ha aggiunto -. Di ritornare a pensare a una concezione circolare, che guardi a un arricchimento collettivo».

(dis)uguaglianze, abitare a roma, Alberto Colaiacomo, 23 maggio 2024In questo scenario opera la Caritas italiana, che «agisce da corpo intermedio lontano dalle logiche della finanza immobiliare – ha detto Gianluigi Chiaro, economista, consulente di Caritas Italiana e Caritas diocesana di Bologna in materia di politiche abitative -. Un’attività che si prende carico delle persone, ragionando non solo sui loro bisogni, ma anche e soprattutto sulle loro risorse». Tra le luci emerse anche l’attività delle comunità delle suore di Gesù Buon Pastore – Pastorelle, che sono a servizio della pastorale universitaria. «Raccogliamo le richieste degli studenti fuorisede che non trovano un alloggio. Facciamo da tramite indirizzandoli nelle parrocchie che possono ospitarli», racconta suor Lina Santantonio. Germogli di speranza dai quali ripartire.

24 maggio 2024