La rotta del Mediterraneo centrale, «viaggio fatale per i bambini»

Nuovo rapporto Unicef della serie “Child Alert”: la maggior parte dei piccoli ha denunciato abusi verbali o psicologici; il 50% maltrattamenti fisici

Presentato il nuovo rapporto Unicef della serie “Child Alert”: la maggior parte dei piccoli ha denunciato abusi verbali o psicologici; il 50% maltrattamenti fisici

Partono dal nord Africa per arrivare in Italia. Ed è proprio in questo viaggio, lungo la rotta del Mediterraneo centrale, che per bambini e donne rifugiati e migranti inizia spesso l’inferno: violenza sessuale, sfruttamento, abuso, detenzione. A fotografare la situazione è il nuovo rapporto Unicef della seria “Child Alert” intitolato proprio “Un viaggio fatale per i bambini: la rotta migratoria del Mediterraneo centrale”, che fa luce sui rischi che i piccoli in fuga affrontano durante i pericolosi viaggi dall’Africa sub Sahariana alla Libia, fino alla traversata via mare per raggiungere l’Italia.

Tre su 4 dei bambini rifugiati e mgiranti intervistati per la ricerca hanno dichiarato di aver subito violenze, molestie o aggressioni per mano di adulti durante il viaggio, mentre circa la metà delle donne e dei bambini intervistati hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali durante la migrazione: spesso, più volte e in diversi punti lungo il viaggio. La maggior parte dei bambini ha denunciato di aver subito abusi verbali o psicologici; circa la metà quelli che hanno subito percosse o altri abusi fisici. Fra le ragazze si è registrata una maggiore incidenza degli abusi rispetto ai ragazzi.

Complessivamente, nel corso del 2016 almeno 4.579 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dalla Libia, vale a dire 1 su 40 di quelle che hanno tentato. Almeno 700, secondo le stime ufficiali, erano bambini. Per Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale dell’Unicef per la Crisi dei rifugiati e dei migranti in Europa, «la rotta del Mediterraneo Centrale, dal Nord Africa all’Europa, è tra quelle al mondo in cui muoiono più persone ed è tra le più pericolose per i bambini e le donne». A “controllarla”, per la maggior parte, «trafficanti e altre persone che vedono come prede i bambini e le donne disperati che sono semplicemente alla ricerca di un rifugio o di una vita migliore». Proprio per questo, continua Khan, «sono necessarie vie e piani di sicurezza sicuri e legali per proteggere i bambini migranti, per tenerli al sicuro e lontano dai predatori».

256mila i migranti registrati in Libia alla fine del 2016, nel corso di un indagine su donne e bambini migranti; 30.803 le donne, 23.102 i piccoli, un terzo dei quali non accompagnato. «I dati reali – fanno notare dall’Unicef – potrebbero essere tre volte più alti». La maggior parte dei bambini e delle donne hanno indicato di aver pagato i trafficanti all’inizio del viaggio, rimanendo in molti in debito sotto la formula del «pay as you go», cioè «pagare per partire», ed esposti ad abuso, rapimento e tratta. Donne e bambini hanno anche raccontato di condizioni sovraffollate e molto dure nei centri di detenzione in Libia – «sia in quelli gestiti dal governo sia in quelli gestiti da milizie armate» -, senza cibo nutriente e rifugi adeguati.

«I bambini – ha continuato Khan – non dovrebbero essere costretti a mettere le proprie vite nelle mani di trafficanti semplicemente perché non hanno alternative». Occorre «individuare a livello globale i fattori all’origine della migrazione e lavorare insieme per un solido sistema di passaggi sicuri e legali per i bambini in movimento, siano essi rifugiati o migranti». Proprio per questi bambini l’Unicef ha sviluppato un programma d’azione in sei punti: al primo posto, la protezione da sfruttamento e violenza, specie per i piccoli non accompagnati. A seguire, si chiede di porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, «introducendo una serie di alternative praticabili». Punto 3: «Tenere unite le famiglie»; quindi, consentire ai bambini rifugiati e mgiranti di studiare, dando loro accesso a servizi, sanitari e non solo, «di qualità». Ancora, al punto 5 c’è la richiesta di «intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati». Da ultimo, l’invito a «promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei Paesi di transito e di destinazione».

28 febbraio 2017