Lucchetti: il “mio” Francesco, «un eroe serio»

A San Tommaso Moro l’incontro con il regista di “Chiamatemi Francesco”: quella del Papa «è una storia “classica” che arriva al cuore di tutti»

A San Tommaso Moro l’incontro con il regista di “Chiamatemi Francesco”: quella del Papa «è una storia “classica” che arriva al cuore di tutti» 

«Il Papa è un eroe serio» ha raccontato il regista Daniele Luchetti lo scorso venerdì sera, 6 marzo, alla sala parrocchiale di San Tommaso Moro. L’occasione è stata la proiezione della sua ultima fatica, “Chiamatemi Francesco”, il lungometraggio sulla vita di Papa Bergoglio uscito nelle sale lo scorso dicembre. Il film lo avevano già visto quasi tutti, ma nelle ultime scene, al celebre “Buonasera” di Papa Francesco, l’applauso del pubblico è partito spontaneo: «questo Papa ha un fascino particolare, non si può restare indifferenti» ha commentato poi Luchetti.

A parlare del film oltre al regista, il parroco, monsignor Andrea Celli e Giampaolo Letta, vicepresidente di Medusa Film, tra il pubblico il vescovo ausiliare, monsignor Guerino di Tora, e padre Renato Chiera, direttore della Casa Do Menor in Brasile. «Non sapevo della storia personale di Francesco – ha esordito Luchetti dopo la proiezione – quando il produttore Pietro Valsecchi mi ha invitato ad andare a Buenos Aires prima di dire di sì o di no. Ero sicuro che avrei detto di no. Lì ho avuto degli incontri». Comincia così la storia dietro la storia: «È una complicazione raccontare la storia di qualcuno di cui tutti vogliono raccontare qualcosa».

Un sovrapporsi di voci in cui il regista ha dovuto districarsi: «L’incontro folgorante è stato con i preti di strada. Uno di questi, padre Pepe, parlava di Bergoglio come uno della squadra e infatti succedeva che il Papa telefonava e si informava, e questa è stata una costante». A colpire il regista è stata l’attenzione per gli ultimi: «ho scoperto che è un modo diverso quello tra credenti e non credenti di occuparsi di questioni sociali». Ha capito così che dietro il sorriso di Papa Francesco si cela una costante preoccupazione: «Lui è un eroe, un eroe serio, che affronta le difficoltà – ha continuato Luchetti -, che deve sconfiggere dei draghi e poi viene eletto nel punto più alto della sua vocazione. Quando l’ho pensato in questa maniera, mi è sembrato un racconto classico, un racconto che può catturare chiunque sia interessato a trovare in una storia, una narrazione, un elemento di crescita». E oggi, lui, che non è credente, la pensa in maniera un po’ diversa: «Invidio chi crede».

Il fascino del Papa, racconta ancora Luchetti, si lega strettamente alla sua comunicazione, ma non solo: «La vera novità è l’elemento emozionale. È un uomo che ha una grandissima consapevolezza dei media. Sa parlare al mondo della comunicazione e riesce, così, a far passare i suoi messaggi. È un modo per arrivare nella modernità» chiosa. Per capire la figura bisogna guardare alla sua provenienza, hanno continuato Celli e Chiera.

Dello stesso avviso monsignor di Tora, che ha concluso la serata: «Con l’elezione di Francesco si è attuato il capovolgimento di quella che è stata per secoli l’azione della Chiesa verso il terzo o il quarto mondo. Era lì che si andava a far missione. Con Francesco, l’America Latina viene a far riscoprire il senso del Vangelo in Europa». Una nuova partenza quindi: «Sentiamo dire che c’è molta secolarizzazione, ma resta profonda la necessità di trascendenza – ha aggiunto di Tora -. Avvertendo tutto ciò, penso che il pontefice voglia ridare il senso di un popolo, di una Chiesa che deve riscoprire un cammino di evangelizzazione in questo contesto e in questo tempo».

7 marzo 2016