Profughi, dall’Ue primi segnali di una politica comune

Intesa raggiunta nella notte. Hotspot, fondi per Siria e Africa e maggiori controlli alle frontiere. Renzi: «L’immigrazione diventa questione europea»

Intesa nella notte al Consiglio Ue. Hotspot attivi da novembre, fondi per Siria e Africa e maggiori controlli alle frontiere. Renzi: «L’immigrazione diventa questione europea»

«Stanotte a Bruxelles ha vinto un’idea di Europa solidale: adesso tutti al lavoro per realizzarla». Il premier Matteo Renzi commenta così, sul suo profilo Facebook, l’esito del Consiglio europeo straordinarioe informale dei 28 capi di Stato e di governo dell’Unione, riunitosi ieri sera, mercoledì 23 settembre. La conclusione dell’incontro, alle prime ore del giorno. «Possiamo finalmente dire – le parole di Renzi – che l’immigrazione diventa una questione europea, a tutti i livelli. L’Italia patria dei diritti e degli ideali farà la sua parte a testa alta e con l’orgoglio di chi lavora per salvare le vite dei nostri fratelli rifugiati e per salvare l’identità europea».

Attivi a partire dal mese di novembre gli hotspot, vale a dire i “Punti di crisi” per garantire l’identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti; rafforzamento delle frontiere esterne; ricollocazione e rimpatri assicurati, al più tardi entro novembre 2015; un miliardo di euro a sostegno delle agenzie Onu per i profughi. Questi i punti fondamentali dell’intesa raggiunta nella notte. «Abbiamo riconosciuto tutti che non esistono soluzioni facili – si legge nella dichiarazione finale del Consiglio – e che questa sfida può essere gestita soltanto lavorando insieme, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità. Nel frattempo dobbiamo tutti sostenere, applicare e attuare le norme esistenti». Ne’ passi avanti ne’ passi indietro, dunque, rispetto ai trattati in vigore, e un’atmosfera «migliore delle mie attese», ha sottolineato il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. Nessuna reazione particolare infatti è arrivata nemmeno dai 4 premier di Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, che hanno votato contro il meccanismo di ridistribuzione e ora si sono visti imporre la decisione.

Parla di «momento simbolico» anche il presidente del Consiglio dell’Unione Donald Tusk. L’ondata più grande di profughi – incalza – «deve ancora arrivare, ed è chiaro a tutti che non possiamo continuare come prima». A cominciare dall’esigenza di aiutare «l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il Programma alimentare mondiale e altre agenzie con almeno un ulteriore miliardo di euro», si legge nella dichiarazione finale. Ancora, occorre sostegno economico ai Paesi vicini più esposti alle crisi di Iraq e Siria, a partire dalla Turchia, il cui presidente Erdogan sarà a Bruxells il prossimo 5 ottobre, «al fine di rafforzare la nostra cooperazione in materia di contenimento e gestione dei flussi migratori». Assistenza assicurata anche ai Paesi dei Balcani occidentali per la «gestione dei flussi dei rifugiati», in prospettiva anche della Conferenza che sarà organizzata per l’8 ottobre proprio sulla rotta dei Balcani.

Aumentato anche il finanziamento del fondo per l’Africa, alla quale sarà dedicato invece il summit in programma a Malta per l’11 e il 12 novembre, e di quello per la Siria, a cui l’Italia contribuisce con 3 milioni di euro. A inquadrare le dimensione del fenomeno che l’Europa intera potrebbe avere davanti nei prossimi mesi è ancora il presidente del Consiglio Tusk, di ritorno da viaggi in Turchia e Giordania: «Con 8 milioni di sfollati in Siria, oggi parliamo di milioni di potenziali rifugiati che cercano di raggiungere l’Europa. Siamo a un punto critico».

24 settembre 2015