Terremoto in Siria: la vita ad Aleppo
La testimonianza del regista Kajmini, sfollato, dal Terra Sancta College dove i frati ospitano 1.500 persone. La solidarietà del ministro generale dell’Ofm Massimo Fusarelli
«La situazione è sempre più tragica. Con il passare dei giorni emerge davanti ai nostri occhi una distruzione inenarrabile: case, palazzi, uffici sbriciolati. Le scosse continuano e, anche se di minore intensità, fanno tremare gli edifici rimasti ancora in piedi che sono sempre più a rischio crollo. Aleppo è stata in gran parte spazzata via. Non sono bastati 12 anni di guerra e sei di assedio a distruggerla, ma un tremendo sisma lungo un minuto». Dal Terra Santa College di Aleppo, dove si è rifugiato con moglie e figlia dopo la scossa del 6 ottobre, a parlare è Elia Kajmini, regista, autore teatrale e responsabile del centro “Arte e Psicologia” (Art and Psychology) che opera all’interno dell’istituto. Elia collabora con padre Samhar Ishak, direttore del Terra Sancta College, dove sono accolti circa 1.500 terremotati; erano 2.500 all’indomani della scossa. Il numero dei morti è arrivato a 40mila e migliaia sono i dispersi, per un bilancio che si aggiorna ora dopo ora. I soccorritori continuano a scavare nella speranza di trovare persone ancora in vita. Come è accaduto, per esempio, ad Antakya, in Turchia, dove due fratelli di 8 e 15 anni sono stati estratti vivi 181 ore dopo il terremoto. Doppio salvataggio a Kahramanmaras (Turchia): una donna e un ragazzo di 17 anni sono stati tratti in salvo questa mattina, 14 febbraio, dopo 8 giorni dal terremoto. Veri e propri miracoli. Sul piano degli aiuti alla Siria la situazione dovrebbe migliorare, ora che il presidente siriano Bashar al-Assad ha deciso di aprire i due valichi di Bab Al-Salam e Al Ra’ee per consentire la tempestiva consegna di aiuti umanitari. Per il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, «l’apertura di questi valichi, oltre a facilitare l’accesso umanitario, accelerare l’approvazione dei visti e facilitare i viaggi, consentirà l’ingresso di più aiuti, più velocemente».
Ad Aleppo regna lo sconforto. «Ogni giorno che passa veniamo a sapere notizie di gente morta, ricoverata, traumatizzata, dispersa. Un elenco lungo di amici, conoscenti, parenti che si aggiorna drammaticamente. La popolazione è sconfortata, frustrata, delusa. Il senso di abbandono pervade la gran parte degli aleppini – racconta -. Non è bastato l’arrivo in città dei primi convogli di aiuti a ridare un po’ di speranza, nemmeno la visita di una delegazione dell’Oms. Domenica 12 febbraio abbiamo organizzato qui al centro una festa per i bambini con il teatrino delle marionette e dei piccoli regali per donare loro un sorriso e sollevare il morale alle loro famiglie». Le giornate nel Terra Sancta College scorrono lentamente, scandite dai pasti: «Tre al giorno: la colazione, il pranzo, che viene preparato nella grande mensa della parrocchia latina e trasportato coi furgoni al College, e la cena. Pane, formaggio, riso, hummus, un po’ di verdura è tutto quello che si riesce reperire. Dare da mangiare a 2mila persone non è facile in queste condizioni. Grazie a Caritas Siria e ad altre agenzie umanitarie sono arrivati materassi, coperte, kit sanitari e medicine. L’allentamento delle sanzioni da parte americana sembra aver favorito l’arrivo di aiuti, vediamo se continuerà così», afferma Elia. Fuori dai grandi cancelli del College si sentono i mezzi pesanti scavare e abbattere le case dichiarate inagibili perché pericolanti. «I proprietari hanno avuto solo il tempo necessario per portare via il possibile e poi giù con le ruspe. Chi ha l’abitazione in buono stato non intende rientrare perché ha paura. La mancanza di energia elettrica aumenta le difficoltà quotidiane e la paura fa il resto. Siamo tutti consapevoli che ci aspettano tempi duri – conclude Elia -. Sappiamo cosa ci aspetta ma non sappiamo che cosa fare senza aiuto».
A Knaye 80% di case crollate. Non lo sa nemmeno la piccola comunità cristiana che abita i tre villaggi a maggioranza cristiana della Valle dell’Oronte, Knaye, Yacoubieh e Gidaideh, nel governatorato di Idlib, roccaforte nelle mani dei ribelli che combattono contro il regime del presidente Assad. Padre Hanna Jallouf è il parroco di Knaye, ma si trova a Damasco perché impossibilitato a fare rientro nella sua parrocchia, distante solo 50 km. da Idlib. Dal 6 febbraio scorso è in contatto continuo con il suo confratello padre Luai Bsharat, che a poche ore dalla scossa aveva così descritto all’ong Pro Terra Sancta la situazione nei villaggi cristiani: «Il Signore mi ha salvato da una morte certa. La mia chiesa e gran parte del convento sono completamente fuori uso. Passiamo molto tempo con la gente per curarla e visitarla. La maggior parte delle case sono danneggiate. Grazie a Dio, il Signore ha salvato le nostre vite, ma tantissimi vicini sono morti anche se non riusciamo ancora a dare un numero preciso. Gli aiuti fanno fatica ad arrivare e le comunicazioni sono spesso interrotte». Padre Luai «sta bene e cerca di fare quel che può per stare vicino alla gente terremotata – conferma padre Hanna -. Passa a trovare i nostri fedeli rifugiati nei centri di accoglienza e nelle tendopoli. L’80% delle case di Knaye sono crollate. In questi giorni sta stilando un bilancio dei danni delle chiese e delle strutture ecclesiali. La sua chiesa a Yacoubieh non è agibile al culto, anche a Knaye è lo stesso. Qui, con l’aiuto di alcuni fedeli, ha spostato i banchi, dato una pulita alla chiesa e una sistemazione al tetto». La lentezza degli aiuti sta spingendo molte famiglie a lasciare Aleppo e Latakia, le città più danneggiate, alla volta di Damasco. «Stanno arrivando tante persone – conferma il francescano – e per questo stiamo aprendo le porte dei conventi della capitale. Domenica scorsa tra noi è venuto a portare la sua solidarietà e quella di Papa Francesco alle famiglie giunte da Aleppo, il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria».
Il saluto del ministro generale ofm. Ai frati della Siria è arrivata anche la solidarietà e la vicinanza del Ministro generale dell’ordine padre Massimo Fusarelli, attualmente in Colombia. «Cari fratelli della Siria, continuo ad essere vicino a voi e alla vostra gente in questo dramma di morte e di dolore. So bene – si legge nel messaggio – che la nostra presenza e l’aiuto che state offrendo è un segno grandissimo, come sempre i frati di Terra Santa hanno fatto nei secoli. Seguo gli sviluppi e gli aiuti che come Ordine stiamo raccogliendo. Un fraterno abbraccio in attesa di vederci nella vostra terra tanto ferita. Pace e bene con la benedizione di san Francesco. Il mio saluto a tutti i frati che sono lì, uno per uno». (Daniele Rocchi)
14 febbraio 2023