Anche Vandana Shiva in piazza per i “nasoni” di Roma

L’attivista indiana al flash mob in Campidoglio per chiedere il rispetto del diritto di accesso all’acqua e politiche improntate alla giustizia climatica

L’attivista indiana al flash mob in Campidoglio per chiedere il rispetto del diritto di accesso all’acqua e politiche improntate alla giustizia climatica

Ancora un flash mob, in programma questo pomeriggio, 10 luglio, alle 17.30 in piazza del Campidoglio, per chiedere all’amministrazione Raggi di fermare il piano di chiusura delle fontanelle pubbliche di Roma. In piazza con le associazioni Terra! e 21 luglio ci sarà anche Vandana Shiva, attivista indiana oltre che scienziata, da anni impegnata nella tutela dell’ambiente, in difesa della diversità biologica e non solo, che ha svolto in India un’analoga battaglia per il diritto all’acqua.

L’iniziativa, organizzata dalle due associazioni insieme a numerose realtà ambientaliste e della società civile, occuperà la scalinata che porta alla Sala della Protomoteca: tutti in piedi con un bicchiere vuoto in mano, in segno di protesta contro il piano Acea di chiusura delle storiche fontanelle simbolo di Roma, costruite nel 1874. L’obiettivo, spiegano gli organizzatori, è esortare l’amministrazione capitolina a «rispettare il diritto umano all’acqua e prendere misure contro la siccità che non vìolino il concetto di giustizia climatica».

Secondo i dati diffusi dal Coordinamento romano acqua pubblica, proseguono, i “nasoni” sprecano «solo l’1% dell’oro blu che dai bacini del Lazio arriva nella Capitale. Il vero scandalo sono piuttosto le perdite delle vecchie tubature, che disperdono il 40% del volume complessivo. Perché il sindaco Raggi e il Comune di Roma, azionista di Acea, non si sono opposti a questa misura inutile?».  L’azienda infatti ha iniziato a chiudere le fontanelle dopo l’esortazione del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, avviando uno “spegnimento” progressivo al ritmo di 30 al giorno, finché delle 2.800 complessive non ne resteranno solo 85.

Le istituzioni, secondo le realtà promotrici dell’iniziativa, non possono più ignorare le condizioni meteorologiche «estreme» dovute al riscaldamento globale: «Servono politiche di adattamento improntate al concetto di giustizia climatica, strettamente legato alla giustizia sociale, per non lasciare sole fasce di popolazione che non hanno i mezzi per risollevarsi da siccità, alluvioni, inondazioni e ondate di caldo sempre più intense in gran parte del mondo». Nel 2010, proseguono, il diritto all’acqua è stato inserito dall’Onu nella Dichiarazione universale dei diritti umani e nel 2015 è stato oggetto di una storica risoluzione del Parlamento europeo. «Chiudere le fontanelle pubbliche a Roma contrasta con il principio chiave dell’accesso universale a questo bene comune». Ancora, «rappresenta un’interruzione di pubblico servizio e obbliga (chi può) ad acquistare bottiglie di plastica che in pochi minuti diventano rifiuti. Infine, mette a rischio l’accesso all’acqua potabile di circa 10mila persone senza fissa dimora, che li utilizzano per rinfrescarsi e dissetarsi ogni giorno. Non sono loro ad aver causato il riscaldamento globale – è la conclusione -, perché devono pagarne le conseguenze?».

10 luglio 2017