Chiesa e comunicazione: “60 anni di meraviglie”

Alla Pontificia Università della Santa Croce il convegno organizzato con Lateranense e Salesiana sull’anniversario dell’approvazione del decreto conciliare Inter Mirifica

Tre università pontificie coinvolte nel progetto di un convegno sull’importanza del decreto del Concilio Vaticano II “Inter Mirifica” sui mezzi di comunicazione, a 60 anni dalla sua approvazione. È iniziato ieri, martedì 7, alla Santa Croce, prosegue oggi alla Lateranense e terminerà domani alla Salesiana. Tre appuntamenti che analizzano il primo decreto approvato dai padri conciliari da diverse angolazioni: una prospettiva storico-istituzionale, un focus teologico-pastorale e le prospettive future in relazione alla rivoluzione del pensiero comunicativo.

Il convegno – dal tema “60 anni di meraviglie” – rappresenta anche una importante novità per le sinergie messe in campo dalla facoltà di Comunicazione istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce, dall’Istituto pastorale della Pontificia Università Lateranense e dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana. «È un esempio pratico della volontà di collaborare – spiega uno dei tre organizzatori, il decano della facoltà della Santa Croce Daniel Arasa -. C’è sempre stato un interesse in questa direzione ma abbiamo trovato un’occasione concreta. Stiamo parlando di un documento che ha alimentato il pensiero teologico e la riflessione ecclesiale sulla comunicazione. Per le nostre facoltà, lavorando nei diversi ambiti di questo settore, era un punto di incontro perfetto per riflettere insieme e un’ottima opportunità per mettere in pratica quello che il Papa ci sta chiedendo e che fa parte della visione di comunione che c’è sia nella Chiesa che in ambito accademico».

Il convegno si è aperto con i saluti di monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario del dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che ha messo in relazione il decreto Inter Mirifica con l’attualità del Sinodo. È invece toccato ai professi Johannes Grohe, José M. Díaz Dorronsoro e José M. La Porte affrontare la prospettiva storica del decreto che, pur essendo stato il primo approvato, peraltro con notevoli difficoltà (fu il documento che ottenne il maggior numero di “non placet”), è stato a lungo considerato la “cenerentola” del Concilio, nonostante abbia aperto la strada a una riflessione più profonda non solo sugli strumenti ma sulla comunicazione in quanto tale.

Qual è, dunque, l’attualità del messaggio di Inter Mirifica? «Una delle caratteristiche del documento è la generatività – afferma un altro degli organizzatori, Massimiliano Padula, della Lateranense -. È stato un sasso nello stagno, ha avviato un processo e ha avuto il merito di rompere alcune barriere culturali intorno alla questione media per tracciare le linee di una riflessione costante che dura fino ai giorni nostri. Basti pensare ai suoi frutti: i messaggi per le Giornate mondiali delle comunicazioni sociali come pure la riflessione sistematica che ha portato a un vero ambito disciplinare sul legame tra Chiesa e media».

Oggi «si fanno bene molte cose, la Chiesa è stata pioniera in molti ambiti comunicativi – riflette Arasa -. Se devo indicare un settore in cui è possibile migliorare è quello della professionalità. Spesso le istituzioni ecclesiali fanno ricorso a persone buone, fidate, volenterose, che sono condizioni indispensabili ma non sufficienti. Bisogna formarsi, in un campo soggetto a continui cambiamenti, dove la tecnologia ha un peso ma c’è anche una questione culturale di fondo. Bisogna essere aggiornati e questo è possibile attraverso le istituzioni educative. Occorre essere consapevoli che bisogna investire nelle risorse e nelle persone, per formare squadre e circoli virtuosi che durino nel tempo».

Nell’analisi di Padula, «il Papa negli ultimi tre messaggi traccia un percorso che parte dall’ascolto e arriva al parlare e all’incontro. Ritengo che l’ascolto sia il criterio principale per un ripensamento della comunicazione alla luce dei criteri della contemporaneità, che è complessa, caotica, in cui le logiche del digitale travolgono e destabilizzano i processi comunicativi e il mondo dell’informazione, che deve ri-bilanciare sé stesso alla luce dell’ascolto. Per esempio, nel chiedere riservatezza in occasione del Sinodo, penso che il Papa abbia aperto le porte ai giornalisti chiedendo non solo di raccontarlo ma di dare un contributo fattivo a un processo decisivo per la Chiesa del futuro: non essere meri narratori delle attività sinodali ma partecipanti attraverso il silenzio e l’ascolto».

8 novembre 2023