De Donatis: Sant’Egidio accanto «all’uomo ferito»

La celebrazione per il 51° di fondazione, a San Giovanni in Laterano. Il ricordo dei Corridoi umanitari e l’invito a essere «segno di unità». Impagliazzo: l’arte del dialogo, «parlare vero e pacifico»

C’erano i profughi giunti in Italia con i “Corridoi umanitari”, gli “over 80” del progetto “Viva gli anziani”, i disabili che lavorano nella “Trattoria degli amici”, i senza fissa dimora, le donne salvate dalla tratta. Il “popolo di Sant’Egidio” ha gremito la basilica di San Giovanni in Laterano dove sabato 9 febbraio è stata celebrata la Messa per il 51° della fondazione della Comunità. Un «anniversario di gioia» lo ha definito il cardinale vicario Angelo De Donatis che ha presieduto la celebrazione eucaristica.

Durante la sua omelia il porporato ha tracciato il quadro dell’impegno profuso dalla Comunità «con gratuità e responsabilità», in Italia e nel mondo, da «piccoli e servi». Sempre accanto agli ultimi, «all’uomo ferito» incontrato nelle periferie di Roma, del mondo e «nelle acque del Mediterraneo, ultimo approdo dei disperati in fuga da guerre, violenze di ogni tipo, schiavitù, oppressione, miseria crescente», ha detto il cardinale ricordando in proposito l’esperienza di Corridoi umanitari condivisa con altre comunità cristiane. Programma grazie al quale due anni fa è giunto in Italia Feras, 21 anni, fuggito con il fratello da Homs, città siriana devastata dai bombardamenti. Ora svolge servizio civile per non vedenti e ringrazia la Comunità perché lo ha «salvato, accolto e cambiato la vita». Solo un esempio delle tante storie di rinascita che è possibile raccontare grazie all’esperienza dei “Corridoi”.

Facendo un parallelismo con la chiamata dei primi discepoli narrata nel Vangelo di Luca, De Donatis ha affermato che 51 anni fa il Signore ha chiamato un gruppo di giovani romani «a gettare le reti, a non rimanere chiusi nei ragionamenti ideologici o nella rabbia corrosiva della fine degli anni ’60». Immerso nella preghiera e condividendo l’ascolto della Parola, il 7 febbraio 1968 quel piccolo gruppo, guidato da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità, «scelse di non fermarsi nella comodità e nell’indifferenza ma di aprire occhi e cuore per guardare la sofferenza del mondo». Nelle periferie, dove è necessario «continuare a ricucire il tessuto lacerato e strappato della società», Sant’Egidio si china sull’uomo ferito e lavora «per creare reti di amicizia e di solidarietà per proporre percorsi di fraternità».

Presenti in 70 Paesi, i volontari della Comunità incontrano l’uomo ferito lì dove «sopravvivono logiche di sfruttamento e di sopraffazione» offrendosi «come ponte di dialogo e di solidarietà per assicurare dignità ad ogni uomo». L’impegno di Sant’Egidio, ha proseguito il cardinale, non è limitato ad accorgersi di chi ha bisogno e a soccorrerlo ma ad «aprire strade e ponti che uniscono» a credere che sia possibile «mettere da parte quello che divide per far emergere ciò che unisce». De Donatis ha quindi invitato la Comunità a continuare ad essere «segno di unità e di comunione in questa amata Chiesa con tutti coloro che sentono la passione del Vangelo e operano per annunciare che il Signore Gesù è risorto e offre a ciascuno di noi la speranza di vita». Ha spronato i presenti a non perdere occasione per lavorare in comunione con la diocesi e continuare ad essere «strumenti di pace e fraternità, anche nella nostra Roma in trasformazione, assetata di verità e solidarietà».

Un’esortazione subito accolta da Andrea Riccardi per il quale in una società «carica di segnali di divisione e particolarismi» l’unità è «un nome della pace». Dalle divisioni possono scaturire conflitti, linguaggi aggressivi e guerre. «Il contrario della guerra – ha affermato – è la costruzione dell’unità». Paragonando le povertà di ieri e di oggi, lo storico ha spiegato che alla fine degli anni ’60 «la povertà di Roma era quella delle borgate, dolorosa ma con una sua dignità. Oggi è una povertà accompagnata dalla solitudine». Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, ha sottolineato che Sant’Egidio «ama molto Roma» dove il grande problema sono le solitudini che ammalano la nostra società. Per questo la Comunità ritiene «fondamentale ascoltare ed entrare in dialogo con tutti i livelli della società. L’arte del dialogo è un parlare vero e pacifico, nutrito di incontri per realizzare un mondo più fraterno che va cercato insieme e senza paure».

Giovanna, 81 anni ad aprile, fa parte del progetto “Viva gli anziani”. Festeggia l’anniversario della Comunità come se fosse il suo compleanno perché Sant’Egidio «ha dato un senso» alla sua vita. Rimasta sola, ha trovato la forza ad andare avanti grazie «alla dolcezza di una volontaria» Oggi è lei che si occupa degli altri. «Alla mia età ho imparato a usare il computer – racconta orgogliosa -, ogni due settimane vado al centro di via di San Gallicano e contatto telefonicamente gli anziani soli. A volte basta una parola per farli sentire parte di una comunità».

La Messa è stata concelebrata da quattro cardinali – Giovanni Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi; Walter Kasper, teologo e presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani; Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio; Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi -, dieci vescovi e numerosi sacerdoti. Presenti alla celebrazione Giovanni Tria ed Elisabetta Trenta, rispettivamente ministri dell’Economia e della Difesa, oltre a numerosi rappresentanti di altre religioni.

11 febbraio 2019