Francesco e Kirill, un abbraccio consegnato alla storia

Alla Civiltà Cattolica una tavola rotonda sull’incontro tra i due leader. Padre Spadaro: «Si è colta una determinazione che è andata al di là d’ogni cautela»

Alla Civiltà Cattolica una tavola rotonda dedicata all’incontro tra i due leader. Padre Spadaro: «Si è colta una determinazione che è andata al di là d’ogni cautela»

«Ostilità ed equivoci ci sono e ci saranno ma alla fine cadranno se il cammino proseguirà: è questa la politica ecclesiastica della misericordia». Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, sintetizza così il senso dell’incontro avuto il 12 febbraio tra Papa Francesco e il Patriarca ortodosso Kirill. In una tavola rotonda tenutasi a Roma lo scorso 20 febbraio e dedicata, appunto, al significato profondo racchiuso nell’abbraccio che i due leader della cristianità hanno consegnato alla storia, Spadaro racconta vari aspetti di un evento che Papa Francesco ha fortemente voluto, «tanto da non porre alcuna condizione». Ovvero, il pontefice si è rimesso alla volontà di Kirill dicendosi disponibile ad incontrarlo «dove, come e quando» lui avesse voluto. E finalmente – mai era accaduto prima – il capo della Chiesa cattolica e il capo della Chiesa russa si sono ritrovati, «prendendosi letteralmente al volo». L’incontro si è infatti concretizzato in una piccola sala dell’aeroporto dell’Avana, a Cuba. «Un non luogo, antropologicamente parlando», spiega Spadaro, «perché di passaggio» e soprattutto «perché del Nuovo Mondo», lontano cioè da quell’Europa «dove il conflitto è nato e si è sviluppato», quasi a voler significare che per superare l’antica empasse occorra anche un metodo innovativo. «Vedersi è stato possibile perché Kirill aveva previsto di andare in America Latina per una visita pastorale, così come Francesco era in visita pastorale in Messico». I due itinerari si sono così «intrecciati» a Cuba, «l’isola che il pontefice, nel settembre del 2015, definì “ponte tra Nord e Sud, tra Est e Ovest”. Cosa volesse dire lo abbiamo compreso oggi perché, è chiaro, aveva in mente già allora questo secondo passaggio cubano».

Quel che i due si sono detti non è stato rivelato. «I punti caldi saranno stati trattati a tu per tu», in due ore di colloquio a porte chiuse e che hanno preceduto la firma di una loro dichiarazione congiunta. «Ma quel giorno si è colta una determinazione che è andata al di là d’ogni cautela: è uno degli aspetti che Francesco stesso chiama “hacer lio”, “fare casino”, e che trova molti critici». Perché, non lo si nasconde, «non mancano i “disaccordi interni”, tanto nella Chiesa cattolica che in quella russa». Tanti non hanno apprezzato e colto il senso di questo abbraccio e, soprattutto, delle parole racchiuse nel testo della dichiarazione, «frutto inevitabile, però – precisa il gesuita -, di un compromesso. E non potrebbe essere che così». Da questo punto di vista, e da parte cattolica, «il pontificato di Francesco è drammatico perché sviluppa drammi, cioè sviluppa tensioni che però sono fondamentali per andare avanti. Il suo modo d’agire è profetico e poliedrico. Profetico perché in genere lancia la palla oltre il campo, e quindi forza in qualche modo il gioco. Poliedrico perché mette insieme aspetti molto differenti, a volte complessi – conclude Spadaro – e persino conflittuali».

«Per me si è trattato di un segno grande – condivide padre Germano Marani, docente di Teologia orientale e Missiologia -. Ricordate l’incontro tra Paolo VI e Atenagora? Da allora ci sono voluti 20 anni prima che il dialogo teologico avesse inizio. Dunque, arrivare a delle conclusioni ora non è possibile e non è nemmeno saggio. Si tratta piuttosto di una promessa nel tempo: “Ad maiora”, se gli uomini e Dio lo vorranno». Quella di Marani è prudenza, la stessa di padre David Nazar, rettore del Pontificio Istituto Orientale, che parla di «cauto ottimismo» perché, dice, «sarebbe un errore pensare che l’ecumenismo cominci con l’incontro dei leader e non invece nelle comunità, come però già accade quotidianamente». Certo è, conclude il rettore dell’Orientale, «che la Chiesa ortodossa, giovane ma con una tradizione antica, ha adesso l’opportunità straordinaria di sviluppare una teologia per il mondo moderno. Da ora in poi ogni passo sarà storico».

22 febbraio 2016