Il nuovo vicario De Donatis: «Il mio servizio, annunciare la Misericordia»

Ricevendo la nomina dal cardinale Agostino Vallini, l’arcivescovo ha salutato i parroci prefetti, i direttori degli uffici e il personale laico del Vicariato

Ricevendo la nomina dal cardinale Agostino Vallini, l’arcivescovo ha salutato i parroci prefetti, i direttori degli uffici e il personale laico del Vicariato

Il cardinale Vallini e il suo abbraccio «di Padre», ma anche la preghiera del cardinale Ruini e di Papa Benedetto XVI, il ricordo affettuoso di San Giovanni Paolo II, del cardinale Ugo Poletti e di quanti, ora in cielo, «hanno reso bella la vita della nostra diocesi». È intessuto di riferimenti vivi e forti il discorso con cui l’arcivescovo Angelo De Donatis ha accolto, questa mattina, venerdì 26 maggio, alle 12 nel Palazzo Lateranense, la nomina a vicario generale della diocesi di Roma e arciprete della basilica lateranense. Ad annunciarla, il cardinale Agostino Vallini. «Ho ricevuto un incarico da parte del Papa», ha esordito il porporato davanti ai parroci prefetti, i capi ufficio e il personale laico del Vicariato di Roma. Quindi ha dato lettura del messaggio firmato dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.

«Siamo grati al Signore per questo dono alla Chiesa di Roma, che rimane giovane, coraggiosa e libera», le parole di Vallini. Poi, rivolto direttamente a De Donatis, che gli succede a partire dal 29 giugno: «È una Chiesa bella, viva, dove dal Vicariato alle parrocchie tutti hanno una passione sincera per l’annuncio del Vangelo. Vai avanti con fiducia, con la fiducia del Papa e con la nostra». Da parte del vicario uscente, la «riconoscenza all’esercito della Chiesa, comunità bella e buona, di Roma, che lavora per il Regno di Dio. Sono certo che il cammino pastorale che abbiamo portato avanti insieme continuerà».

Ha usato le parole degli Atti degli Apostoli proposte dalla liturgia del giorno, il nuovo vicario, per dire le sensazioni e i timori legati all’incarico che lo attende: «Non avere paura ma continua a parlare e non tacere – l’esortazione del Signore all’apostolo Paolo -, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Umiltà e misericordia: queste le parole risuonate più volte nell’aula al terzo piano del Palazzo del Vicariato. «Consapevole dei miei limiti – ha continuato l’arcivescovo -, mi metto nelle mani del Signore. In questo momento mi è chiesto ancora di più di essere padre e chiedo a Dio il dono di esserlo sempre, per tutti». E ancora: «Il mio servizio sarà annunciare la misericordia di Dio per tutti. Quella misericordia che è la Pentecoste dei nostri giorni. Chiedo a Dio il dono di saper ascoltare in profondità, di custodire e promuovere la comunione ecclesiale».

Nel discorso dell’arcivescovo anche l’esperienza dei lunghi anni passati «nel mio osservatorio privilegiato», accompagnando «nel cammino tanti fratelli, soprattutto preti: ho potuto vedere i miracoli di cui è capace la grazie. Il Signore è fedele e agisce, quindi possiamo non perdere la speranza». Poi il il ricordo delle relazioni personali. Come quel biglietto di auguri ricevuto per Pasqua, nel quale si ricordava con affetto che «l’autorevolezza del vescovo è l’amore ma la sua forza di persuasione è il martirio», ha citato a memoria, con un sorriso carico di consapevolezza, chiedendo «fin da ora» perdono per «i miei limiti» e assicurando «preghiera e benedizione». Da ultimo, un’esortazione, rivolta ai presenti e, con loro, a tutta la Chiesa di Roma: «Stretti attorno al nostro vescovo, il Papa Francesco, seguiamo il Signore che ci invita a prendere il largo». Poi la preghiera conclusiva, con le parole rivolte da don Andrea Santoro, il parroco romano fidei donum ucciso in Turchia nel 2006, a Maria, «madre delle pecore fuori dall’ovile, dei cuori senza speranza. Madre di chi non Lo ha seguito».

26 maggio 2017