La Comunità di Sant’Egidio, «piccolissimo seme» che non smette di portare frutti

La Messa nel 56° della fondazione, con il presidente Cei Zuppi. Dalla «radicalità dell’inizio» alla «passione nella ricerca ostinata del bene possibile per tutti», alla capacità di essere «profezia». La presenza in oltre 70 Paesi. «Il mondo ha bisogno della gioia del Vangelo»

Un «piccolissimo seme» piantato 56 anni fa, che «non smette di portare tanti frutti» affinché si realizzi «il desiderio di Dio: che gli uomini si amino e siano amati». Così il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha descritto ieri sera, 8 febbraio, la Comunità di Sant’Egidio, presiedendo nella basilica di San Paolo fuori le Mura la solenne celebrazione commemorativa della fondazione del movimento laicale, avvenuta nel 1968 ad opera di Andrea Riccardi.

Pur «non ignorando i limiti e sentendo anzi l’inquietudine per il tanto che manca da fare e l’ansia di farlo meglio per raggiungere i tanti dei quali sentiamo la sofferenza nella drammatica vicenda del mondo», il presule ha elogiato l’operato della Comunità perché «ha reso luminosa e beata la vita di un popolo universale di umili e di poveri, che loda il Signore perché gratuitamente ha ricevuto tanta acqua buona, quella che toglie la sete e fa diventare anche noi stessi una sorgente».

Di abbeverarsi alla sorgente dell’amore e «della gioia del Vangelo» il mondo contemporaneo, «che continua a frantumarsi a motivo della guerra», ha molto bisogno, secondo Zuppi, per quello «che vediamo intorno: tanta violenza, il terrorismo diffuso e le povertà», laddove «una cultura di violenza sembra conquistare sempre più spazio e sembra essere pervasiva e convincente». La causa di queste situazioni di crisi è da ricercarsi, per il porporato, nella «affermazione dell’io senza un noi e senza Dio», cioè di «un io che porta alla rovina, nutrito da tanti fabbricatori di benessere individuale ma che non trova mai sé stesso» dato che «è solo uscendo da sé che capiamo chi siamo».

Su questa convinzione si basa l’operato della Comunità che «ci ha fatto uscire un po’ tutti dall’egocentrismo e ci ha fatto accorgere degli altri, facendoci vedere che amare gli altri ci fa stare bene oltre che fa stare bene», sono ancora le parole di Zuppi. Da qui il ringraziamento alla Comunità di Sant’Egidio per i fondamenti di solidarietà con i poveri, dell’ecumenismo e del dialogo che condivide in Italia e in più di 70 Paesi nel mondo, per vivere una «comunione così articolata che sia sempre una famiglia fisicamente universale e alla luce di quella autentica fraternità mai scontata che è sacramento dell’amicizia, nel quale contempliamo l’amore di Dio», ha ribadito il cardinale, ringraziando «quanti camminano con noi».

Si tratta infatti di un cammino condiviso poiché «la Comunità è stata ed è davvero una casa e una famiglia dove la conoscenza di sé cresce nel pensarsi in relazione con Dio e con il prossimo» e dunque «nella interiorità e nel servizio», senza «discutere sterilmente nella contrapposizione o ripiegandosi nel soggettivismo e nell’individualismo», poiché «ci si salva solo insieme».

basilica san paolo, 56° anniversario comunità di sant'egidio, matteo zuppi, 8 febbraio 2024Ancora, ripercorrendo il cammino compiuto, Zuppi ha osservato che «la radicalità dell’inizio è diventata passione che ha animato la ricerca ostinata del bene possibile per tutti», poiché «la Comunità è un piccolo gregge con un cuore grande e universale» e dunque «una famiglia e non una casta di eletti». La Sant’Egidio, «figlia del Concilio Vaticano II», ha agito e agisce «alla luce della Costituzione pastorale “Gaudium et spes”», ha evidenziato il cardinale, riconoscendo cioè nella gioia e nella speranza «proprio quello di cui ha bisogno il mondo per essere un mondo solidale, dove nessuno è straniero perché tutti sono “prossimo”».

Da ultimo, lo sguardo al futuro ma nella convinzione che «la Comunità rappresenta oggi una profezia», perché si tratta di «cominciare a vedere, a cercare e a realizzare oggi quello che sarà domani», ha spiegato Zuppi, dato che «la profezia è il gesto di amore che inizia oggi quello che sarà pieno domani, senza farsi tentare dall’indietrismo di cui parla Papa Francesco». Solo così, compiendo «ogni piccolo servizio al prossimo che ritesse i frantumi della società», la Comunità «crede di poter rendere possibile oggi il mondo che verrà, un mondo da riamicare» cioè al quale «far fare amicizia di nuovo, togliendo le barriere e le inimicizie».

basilica san paolo, 56° anniversario comunità di sant'egidio, 8 febbraio 2024Al termine della celebrazione – a cui hanno preso parte, tra gli altri, il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani e l’avvocato Laura Mattarella -, ha portato il suo saluto e il suo ringraziamento il presidente Marco Impagliazzo. Sottolineando come «la Comunità di Sant’Egidio è radicata nella città di Roma ed è unita al suo vescovo», ha osservato come negli anni «da qui abbiamo allargato i nostri orizzonti al mondo intero», con «un’apertura universale che ci ha messo in contatto con situazioni di dolore e difficoltà» a cui fare fronte quali «artigiani di pace» ossia come «uomini e donne della fraternità, aperti al mondo lontano come al prossimo vicino».

9 febbraio 2024