Il Papa: «La vita umana non è un problema, è un dono»

Francesco alla seconda giornata degli Stati generali della natalità. Le coordinate indicate: realismo, lungimiranza e coraggio. «Il problema non è in quanti siamo al mondo ma che mondo stiamo costruendo». Servono «serie scelte in favore della famiglia»

«Ogni dono di un figlio ci ricorda che Dio ha fiducia nell’umanità, come sottolinea il motto “Esserci, più giovani più futuro”. Il nostro “esserci” non è frutto del caso: Dio ci ha voluti, ha un progetto grande e unico su ciascuno di noi, nessuno escluso». Papa Francesco ha iniziato così il suo discorso alla seconda giornata degli Stati generali della natalità, questa mattina, 10 maggio,  promossi dalla Fondazione per la natalità presieduta da Gigi De Palo, che il pontefice ha ringraziato perché, ha detto, «come sapete, il tema della natalità mi sta molto a cuore».

Nel suo saluto, De Palo non ha potuto fare a meno di ricordare quanto è accaduto ieri, nel corso della prima giornata, con la contestazione al ministro Roccella. «La persona più importante che abbiamo è quella che ci mette più a nostro agio. Dobbiamo imparare da questa leadership al servizio del bene comune del Papa. Purtroppo, fanno più rumore una ventina di studenti che migliaia di ragazzi che si sono preparati a questo evento per mesi, fa più rumore occupare spazi che generare processi, più la guerra della pace ma noi non ci rassegniamo. Cerchiamo di fare squadra evitando le polemiche, che sono l’alibi per non dare risposte a giovani e famiglie. Lei – ha detto rivolto al pontefice – non ci fa mancare vicinanza e affetto, ma ci siamo sentiti abbandonati dalle istituzioni che non si sono degnate di una parola di solidarietà come se togliere la parola al ministro fosse più grave che toglierla a Jessica o ai ragazzi».

Il Papa ha parlato di realismo, lungimiranza e coraggio. Ha ricordato le teorie, oggi superate, sull’eccesso di crescita demografica. «Mi ha sempre colpito constatare come queste tesi parlassero di esseri umani come se si trattasse di problemi. Ma la vita umana non è un problema, è un dono. E alla base dell’inquinamento e della fame nel mondo non ci sono i bambini che nascono, ma le scelte di chi pensa solo a sé stesso, il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società. Il problema – ha continuato – non è in quanti siamo al mondo, ma che mondo stiamo costruendo; non sono i figli, ma l’egoismo, che crea ingiustizie e strutture di peccato, fino a intrecciare malsane interdipendenze tra sistemi sociali, economici e politici. L’egoismo rende sordi alla voce di Dio, che ama per primo e insegna ad amare, e alla voce dei fratelli che ci stanno accanto; anestetizza il cuore, fa vivere di cose, senza più capire per cosa; induce ad avere tanti beni, senza più saper fare il bene. E le case si riempiono di oggetti e si svuotano di figli, diventando luoghi molto tristi. Non mancano i canarini e i gatti, mancano i figli. No, il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici».

Il pontefice ha ricordato il dramma dell’età media in Italia, 47 anni: «L’Italia sta progressivamente perdendo la sua speranza nel domani, come il resto d’Europa: il Vecchio Continente si trasforma sempre più in un continente vecchio, stanco e rassegnato, così impegnato a esorcizzare le solitudini e le angosce da non saper più gustare, nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita». Eppure, «non si arriva a invertire la rotta. Come mai? Perché non si riesce a frenare questa emorragia di vita? Uno studioso della demografia mi ha detto che in questo momento gli investimenti che danno più reddito sono la fabbrica di armi e gli anticoncezionali, uno distrugge la vita, l’altro impedisce la vita. La questione è complessa, ma questo non può e non deve diventare un alibi per non affrontarla».

Dunque, «serve lungimiranza, che è la seconda parola-chiave. A livello istituzionale, urgono politiche efficaci, scelte coraggiose, concrete e di lungo termine, per seminare oggi affinché i figli possano raccogliere domani. C’è bisogno di un impegno maggiore da parte di tutti i governi, perché le giovani generazioni vengano messe nelle condizioni di poter realizzare i propri legittimi sogni. Si tratta di attuare serie ed efficaci scelte in favore della famiglia». Il Papa invita a promuovere «una cultura della generosità e della solidarietà intergenerazionale, per rivedere abitudini e stili di vita.  Il futuro di figli e nipoti si costruisce anche con le schiene doloranti per anni di fatica e con i sacrifici nascosti di genitori e nonni, nel cui abbraccio c’è il dono silenzioso e discreto del lavoro di una vita intera. Questi sono i valori da sostenere, questa è la cultura da diffondere, se vogliamo avere un domani».

Infine, il coraggio. E Francesco si è rivolto particolarmente ai giovani: «Non arrendetevi, abbiate fiducia, perché il domani non è qualcosa di ineluttabile: lo costruiamo insieme, e in questo insieme prima di tutto troviamo il Signore. Non rassegniamoci a un copione già scritto da altri, mettiamoci a remare per invertire la rotta, anche a costo di andare controcorrente!».

Il Papa ha poi invitato a non dimenticare i nonni: «Il futuro non si costruisce solo facendo figli. Manca una parte importante: i nonni. Oggi c’è una cultura di nascondere i nonni nelle case di riposo; adesso è cambiato un po’ per la pensione, ma la tendenza è scartare i nonni. Per favore non dimenticate i nonni, è un suicidio culturale. Il futuro lo fanno i giovani e i vecchi, il coraggio e la memoria insieme».

10 maggio 2024