La “lezione” della crisi spiegata da don Epicoco e Brunetto Salvarani

Al via a San Giuliano martire il ciclo di incontri online per vivere con consapevolezza il tempo della pandemia. Il valore delle relazioni e il senso del limite

Vuole offrire degli spunti di riflessione rispetto a “Cosa imparare dalla crisi” il ciclo di incontri online organizzato dalla parrocchia di San Giuliano martire, sulla via Cassia, avviato venerdì sera, 29 gennaio, nel contesto dei festeggiamenti per il patrono, che la comunità ha celebrato solennemente ieri, domenica 31 gennaio. «Ispirandoci alle parole di Papa Francesco, che invita a non sprecare questa crisi – ha spiegato, aprendo i lavori, il parroco don Massimo De Propris -, attraverso delle conversazioni serali vogliamo provare a vivere questo tempo segnato dalla pandemia con consapevolezza».

Chiamati a riflettere proprio sul tema “Non è una parentesi”, sono stati don Luigi Maria Epicoco, preside dell’Istituto superiore di Scienze religiose de L’Aquila, e Brunetto Salvarani, teologo e scrittore, moderati da don Francesco Cosentino, docente di Teologia fondamentale alle Pontificie Università Gregoriana e Lateranense. «Tutte le cose che viviamo hanno un lato luminoso nascosto nel buio della crisi ma per trovarlo bisogna mettersi a scavare pazientemente – ha spiegato Epicoco, richiamando il titolo del suo ultimo lavoro “La luce in fondo” -. La situazione emergenziale che ci troviamo a vivere per il Covid-19 non riguarda soltanto il corpo ma ha colpito le relazioni, che sono entrate in crisi». Non è infatti facile «vivere una situazione difficile come quella attuale senza poter cogliere la vicinanza, il senso di comunità – ha detto -; il nostro Dio, facendosi carne ed entrando dentro la storia, ci ha introdotti per primo in un circuito di relazioni, che ci fanno sentire accolti e propriamente umani».

Allora, le relazioni si rivelano «fondamentali per misurare la qualità della nostra vita – ha osservato il sacerdote -, è il Vangelo stesso a insegnarlo con Gesù che primariamente, al di là delle azioni straordinarie e dei miracoli, tesse delle relazioni». Tuttavia, esistono dei rapporti «che ci fanno male e sono quelli fusionali, che viviamo quando siamo confusi e non sappiamo chi siamo, impedendo a noi stessi e agli altri di essere propriamente autentici»; si tratta di rapporti nei quali «manca la libertà, e questo ci uniforma gli uni agli altri», ha spiegato ancora Epicoco. Da qui la conclusione: «L’incontro con Cristo è l’incontro con qualcuno che si e ci distingue», perché essere in relazione con l’altro non equivale solo a «essere uniti ma è anche saper essere distanti e nella distanza va trovata la prossimità, la giusta misura». Richiamando poi il monito di Papa Francesco «nessuno si salva da solo», Epicoco ha concluso invitando a vivere «la giusta distanza, come quella necessaria a un osservatore che davanti a un quadro voglia cogliere davvero il capolavoro dell’artista» e, ancora, «come Gesù, che è tanto schiacciato dalla folla, quanto capace e desideroso di prendersi degli spazi di solitudine per pregare».

Brunetto Salvarani, autore, tra gli altri, di “Dopo. Le religioni e l’aldilà”, ha trattato di un tema, quello della morte, che la pandemia ha messo in evidenza con forza ma che «rimane un argomento tabù per la nostra società». Strutturando il suo intervento in tre momenti, il teologo ha dapprima proposto una riflessione sulla necessità di «una educazione al senso del limite», che equivale a «riconoscere la fragilità propria dell’uomo, che il cristiano dovrebbe ben conoscere, sapendo di vivere nel “già e non ancora”, laddove la vita che viviamo non è il Regno». Seppure «è difficile accorgersi del limite – ha continuato -, è tuttavia necessario farlo per crescere e per maturare, per uscire da un certo atteggiamento di infantilismo». Di seguito, Salvarani ha suggerito, in sintesi, 5 lezioni che possiamo apprendere da questa pandemia. In primo luogo «abbiamo capito che siamo irrimediabilmente legati agli altri e che, alla luce della saggezza del Qohelet , “c’è un tempo per abbracciarsi e un tempo per astenersi dagli abbracci», sono le parole del teologo. Ancora, «siamo fragili – ha continuato – e, di più, siamo mortali». Concatenate a queste sono, per Salvarani, le ultime due “lezioni” che la pandemia ci ha impartito: «Siamo ignoranti, limitati nelle nostre conoscenza – ha osservato -: pensiamo solo a quanto poco ancora sappiamo di questo virus». Da qui, l’importanza di «elaborare una teologia per questi tempi incerti, pensando alla Bibbia come a un dizionario delle fragilità umane». Infine, la constatazione di Salvarani per cui «non siamo padroni né dello spazio né del tempo» e il rimando alla Lettera agli esiliati di Geremia, con l’invito a «vivere in pienezza questo tempo, l’unico che ci è dato».

1° febbraio 2021