La salute degli immigrati, tra sbarchi e accoglienza

Nessun allarme dalle oltre 5mila persone sorvegliate nei centri d’accoglienza in Italia in tutto il 2014. La Caritas: attenzione a non cadere nella trappola politico – mediatica che spinge a parlare di emergenza sanitaria

Più di 5mila persone sorvegliate, oltre 4mila segnalazioni da 97 centri sparsi su tutta la penisola per un monitoraggio che ha riguardato Ebola, la tubercolosi e altre 11 patologie, e nessun allarme o caso realmente pericoloso per la salute pubblica. Questo il bilancio “sanitario” dell’operazione Mare Nostrum e degli altri sbarchi che nel corso del 2014 hanno visto arrivare 170mila immigrati sulle coste italiane, il 40 % dei quali accolti nelle strutture predisposte dagli enti locali e dalle organizzazioni del privato sociale. È il dato rassicurante emerso nel corso del seminario “Sbarchi e accoglienza: la tutela della salute” che la Caritas diocesana di Roma ha organizzato come formazione per gli operatori dei centri per immigrati.

A fornire i dati ufficiali del lavoro di salute pubblica sono stati Alessandra Diodati, medico della Croce Rossa Italiana, e Giovanni Baglio, dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (Inmp). Baglio ha fornito anche l’esperienza romana, con il monitoraggio predisposto dall’Inmp in collaborazione con la Asl Rm B su tre campi abusivi ed edifici occupati in cui gli immigrati, la maggior parte richiedenti asilo e protezione internazionale, hanno soggiornato in ricoveri di fortuna. «Abbiamo avuto 7 segnalazioni per sospetta tubercolosi – ha detto il medico – tutte da parte delle forze dell’ordine e dei vigili urbani. In nessun caso è stata diagnosticata la patologia».

Un esempio particolarmente importante questo perché tra giugno e luglio del 2014 più volte le forze dell’ordine e il sindaco di Roma, Ignazio Marino, hanno parlato di emergenza sanitaria. «Ad un certo punto – ha ricordato Salvatore Geraci, responsabile dell’Area Sanitaria della Caritas – sembrava che tra le forze dell’ordine che hanno accolto i profughi ci fosse una epidemia di tubercolosi, che bastasse un colpo di tosse provocata da stenti e disagi perché un intero “reggimento” fosse infettato. Addirittura, in questa sorta di trappola politica-mediatica cade anche il sindaco di Roma Ignazio Marino, che, con una lettera al ministro dell’Interno e a quello della Salute, denuncia i “gravi rischi per la salute pubblica”».

I relatori hanno sottolineato come gli immigrati, pur arrivando dopo viaggi lunghi e complessi, proprio in Italia corrano i maggiori rischi per quello che hanno chiamato «effetto del migrante esausto». Citando i dati dei ricoveri ospedalieri e degli interventi nei Pronto Soccorso, gli studiosi hanno fatto notare come le patologie che maggiormente riguardano gli immigrati – con tassi molto superiori alla popolazione italiana – concernono l’infortunistica sul lavoro, la traumatologia in genere e i problemi alla respirazioni causati dalle cattive condizioni di alloggio.

«Nei due mesi in cui si è toccato l’apice dell’epidemia di Ebola – ha ricordato Geraci – abbiamo avuto 13 decessi ogni giorno. Nel Mediterraneo, in tutto il 2014, sono morti ogni giorno 14 migranti: in termini di sanità pubblica, di diritti umani, questa è una tragedia molto più grande che sta passando quasi inosservata».

A introdurre l’appuntamento è stato il direttore della Caritas diocesana monsignor Enrico Feroci. «Il sentito dire – ha detto – alimenta la paura. Prima di Ebola ce lo ha insegnato l’Aids. Quali animatori della comunità dobbiamo informarci ed approfondire per poter essere degli educatori e aiutare al meglio quanti si rivolgono a noi in cerca di aiuto». Una panoramica sulle cause che originano le migrazioni poi è stata presentata da Oliviero Bettinelli, responsabile dell’Area Pace e mondialità della Caritas romana, tracciando un quadro sui conflitti esistenti e sull’aumento delle disparità sociali nei Paesi in via di sviluppo.

23 gennaio 2015