La solidarietà, fondamento del dialogo tra le religioni

Nell’ambito del “Good Deeds Day”, la tavola rotonda al Liceo Cavour, organizzata dal CSV Lazio. Don Gnavi: «Non si può non essere insieme»

La solidarietà come base comune di dialogo tra le religioni. È quanto emerso dalla tavola rotonda “Le ragioni della solidarietà nelle esperienze religiose” che si è svolta ieri, 4 aprile, nell’aula magna del Liceo Cavour, organizzata dal CSV Lazio nell’ambito delle iniziative del “Good Deeds Day. Insieme per il bene comune” che si concluderanno domenica 7 aprile al Circo Massimo (leggi il programma). Introdotta dai saluti della dirigente scolastica Ester Rizzi e dal moderatore Luigi De Salvia, presidente di Religions for Peace Europa, vi hanno preso parte rappresentanti delle principali fedi presenti a Roma (assente il rappresentante del Centro islamico culturale d’Italia). Per il I municipio è intervenuta Cinzia Guido, assessore alla Cultura.

«Non si può non essere insieme o il costo è morire da soli – ha detto don Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere e incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso -. Monta la rabbia, ne abbiamo conferme nelle periferie e nella vita quotidiana, mentre dovremmo globalizzare la solidarietà. Dobbiamo cercare – ha proseguito – non di dimenticare le differenze ma di farne un’opportunità per il bene comune. Quando non si ha il coraggio di difendere le fragilità altrui, dobbiamo pensare che diventeremo noi stessi i prossimi feriti ed emarginati». Don Gnavi ha ricordato che «i giovani hanno bisogno di segni. Meritano gente tenace che non si fa intimidire dai messaggi che circolano sui social e dicono che bisogna salvarsi da soli. Le religioni hanno il dovere della solidarietà» di fronte a quella che è stata definita «democratura, una dittatura mascherata da democrazia. Le domande su vita, famiglia, fede, nei giovani sono comuni. Cosa può offrire ciascuno dalla propria posizione religiosa? La prima cosa è proprio la solidarietà. Ci sentiamo responsabili di un destino comune: ci interpellano i migranti, il futuro del mondo, la città. Da parte cattolica abbiamo la grazia di essere portati verso il futuro da un anziano Papa che ha il coraggio di fare viaggi come quelli in Marocco, negli Emirati, in Egitto».

Dal canto suo rav Joseph Arbib, rabbino della sinagoga di via Balbo, nel rione Monti, che vanta quattro secoli di storia, ha sottolineato l’«importanza di unire le religioni, di farsi conoscere, per evitare odio inutile. Solidarietà è un termine elegante per dire carità, senza cui il mondo non può sussistere». Una cosa che «non si paga ma esce dal cuore e si manifesta solo quando si conosce il prossimo e si sa di cosa ha bisogno. L’uomo ha bisogno del prossimo in ogni occasione, da solo non può vivere. Dio ha dato il mondo all’uomo come eredità e abbiamo il dovere di contribuire a questa creazione. Ma è possibile solo insieme, ognuno deve portare il suo piccolo mattone per costruire la casa comune».

Il maestro Dario Doshin Girolami, fondatore del centro zen “L’arco”, citando Mohamed Alì ha ricordato che «il volontariato è l’affitto che dobbiamo pagare per vivere in questo mondo. Nella tradizione buddista saggezza e compassione sono le due ali su cui vola la pratica». Così la «saggezza si deve tradurre in azione solidale, compassionevole, punto di arrivo e di partenza» perché «la sofferenza e la gioia dell’altro mi riguarda». Secondo la tradizione zen «l’ego è un’illusione. Siamo interconnessi, interdipendenti» e l’origine dei problemi «è proprio l’atteggiamento egoistico che aumenta la sofferenza in noi e negli altri. Ci lamentiamo sempre per il sostegno che non riceviamo e non ci rendiamo conto che lo riceviamo a ogni respiro».  Nella pratica, il centro è impegnato «nell’aiuto ai detenuti al carcere di Rebibbia come esercizio di solidarietà. Sono esseri umani che soffrono, vogliamo aiutarli a riconoscere cosa hanno fatto e a uscire dal pozzo di sofferenza in cui sono caduti. Non bisogna aspettare di essere santi per cominciare a essere compassionevoli – ha concluso -, si può cominciare da subito».

«La solidarietà è un atteggiamento che rende le persone capaci di andare incontro all’altro – ha affermato padre Ilie Ursachi, consigliere della diocesi ortodossa romena d’Italia -. Nella prospettiva cristiana la solidarietà è un valore teologale: è la parola di Gesù che si è fatto solidale in tutto con noi fuorché nel peccato. È farsi carico dei problemi dell’altro. La solidarietà non delega ma ci coinvolge sul piano personale», ha affermato raccontando l’esperienza di volontariato con i malati da parte di un gruppo di fedeli attivo da qualche anno negli ospedali. «La solidarietà è una delle qualità del cuore, insita e necessaria per la sopravvivenza, ma anche qualità spirituale che va coltivata affinché possa sbocciare nel nostro cuore», ha affermato Ghita Miceli, dell’Unione induista. Sintetizzando gli insegnamenti delle tradizioni e prassi spirituali del dharma, ha fatto riferimento al «karma yoga intesa come azione di servizio disinteressato, senza aspettativa di guadagno, a cui è legato l’aspetto devozionale: il sacrificio come espressione di amore verso l’assoluto». Infine, il pastore valdese Marco Fornerone ha ricordato come «tutte le tradizioni religiose hanno una preoccupazione per il bene comune». Ricordando le persecuzioni di cui è stata oggetto in passato la sua comunità, ha affermato che «ora sentiamo di doverci preoccupare di chi non ha la fortuna, o meglio il diritto, di avere il necessario per vivere in sicurezza. Salvare l’altro è salvare me stesso: questo è quello che sta dietro la solidarietà» ha concluso ricordando l’impegno di Martin Luther King, di cui ricorreva l’anniversario dell’omicidio.

Le conclusioni sono state affidate a Renzo Razzano, presidente regionale del CSV: «Emerge una singolare unità intorno all’attività di volontariato, sia pure con diversi accenti e riferimenti cultuali. La solidarietà è assunzione di responsabilità».

5 aprile 2019