“La trappola del virus”: diritti ed emarginazione al tempo della pandemia

Il nuovo libro del Centro Astalli, che mette in dialogo il presidente Ripamonti e la politologa Chiara Tintori, raccontando i dimenticati dell’emergenza mondiale: rifugiati e richiedenti asilo

Prima dell’emergenza Covid Moussa lavorava in un ristorante. Oggi si trova invece a condurre una vita sempre più precaria, segnata da gravi difficoltà economiche. Una storia comune a quella di Shadam, che ha perso il lavoro a causa della pandemia, o di Serife, che è stata costretta a trasferirsi con il marito in Germania alla ricerca di un futuro migliore. È con queste testimonianze che si è aperta ieri, 11 febbraio, la presentazione in diretta streaming de “La trappola del virus. Diritti, emarginazione e migranti ai tempi della pandemia”, il nuovo libro del Centro Astalli per Edizioni Terra Santa, in cui il presidente padre Camillo Ripamonti sviluppa con la politologa Chiara Tintori un dialogo serrato sul rapporto tra diritti ed emarginazione, a partire da un punto di vista in particolare: quello delle persone rifugiate e richiedenti asilo. Un volume che racconta i dimenticati della pandemia, il modo in cui hanno affrontato e stanno reagendo alla trappola del virus. Per loro, i diritti inviolabili dell’uomo, sanciti anche dalla nostra Costituzione, non hanno ancora trovato una tutela adeguata. «Il modo di pensare generale ha come fondamento la discriminazione – ha commentato l’ex pm Gherardo Colombo, autore della prefazione del libro -. È necessario quindi riuscire a diffondere il senso della Costituzione e a stare insieme nel modo più conveniente e pieno per ciascuno di noi».

Il tutto nel rispetto della dignità umana. A tal proposito il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, intervenuto nel corso della presentazione, ha indicato tre differenti processi che stanno provocando lo svilimento della dignità: «La secolarizzazione della vita quotidiana, l’affermazione di una cultura nichilista fondata sul consumismo e sul benessere e, infine, una drammatica crisi economica che a partire dal 2008 ha sconquassato ampie reti sociali e pratiche di solidarietà – ha spiegato -. Tutto ciò ha portato a rappresentare l’altro come un nemico, il forestiero come un invasore e il povero come uno scarto». Guardando allo scoppio della pandemia, ha infine aggiunto: «Nell’ultimo anno i migranti, i rifugiati, ma anche i poveri e sfruttati, sono scomparsi dai radar dell’informazione e in parte anche dalla polemica politica. Eppure non è scomparsa la necessità di dar vita alla cultura dell’incontro e al dialogo della carità».

Dimensioni fondamentali, queste ultime, per contrastare l’attuale era del sospetto generalizzato, causa di paura e diffidenza. «Per uscire dalla tragica rappresentazione mediatica dei migranti nella pandemia – ha dichiarato Massimo Giannini, direttore de La Stampa – è urgente una pedagogia politico-culturale che insegni che l’altro non solo non ha colpe ma è anche il più esposto ai morsi di questa dolorosa crisi».

A intervenire per ultimo padre Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati che da 40 anni è impegnata ad accompagnare, servire e difendere i rifugiati e gli altri migranti forzati. «Questi tre verbi ci sono stati lasciati in eredità da padre Arrupe, il fondatore del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati, e si declinano mettendo al centro la persona con tutti i suoi diritti – ha ricordato -. La pandemia ci riconsegna questo mandato, forse ancora più complesso, dal momento che oggi sono molte di più le persone invisibili e relegate ai margini».  Da qui la necessità, ha concluso il gesuita, di «mettersi in ascolto del loro “grido” e di capire ciò di cui hanno profondamente bisogno».

12 febbraio 2021