Consegnata la Medaglia d’oro alla memoria di don Gioacchino Rey
Il presidente Mattarella l’ha affidata al vicario Angelo De Donatis. Don Rey è il terzo prete della diocesi a ricevere gli onori della Repubblica dopo don Morosini e don Pappagallo
Una testimonianza «concreta di identificazione con la gente del sua parrocchia». Don Gioacchino Rey «ha ostacolato in tutti i modi le violenze naziste e ha dato tutto quel che poteva agli abitanti del quartiere, qualunque fosse il loro credo religioso o schieramento politico». Con queste parole, giovedì mattina al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha consegnato la medaglia d’oro al merito civile alla memoria del parroco di Santa Maria del Buon Consiglio. Don Gioacchino, durante il feroce rastrellamento di centinaia di uomini del Quadraro, perpetrato il 17 aprile del 1944 dalle truppe naziste, «dopo essersi offerto al nemico come ostaggio al posto dei suoi parrocchiani, riuscì a far liberare ostaggi e a fornire sostegno e conforto ai perseguitati e alle famiglie dei deportati».
Il sacerdote, originario di Lenola in provincia di Latina, diventa così il terzo prete della diocesi di Roma a ricevere il riconoscimento e gli onori della Repubblica per le azioni di resistenza e di soccorso, dopo don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo. A tracciare brevemente, davanti al presidente Mattarella, al vicario Angelo De Donatis e agli altri ospiti, la figura del parroco del Quadraro è stato lo storico Pierluigi Amen dell’Associazione nazionale reduci dalla prigionia (Anrp). «Don Gioacchino è un sacerdote che questa città stava per dimenticare – confida Enzo Orlanducci, presidente dell’Anrp, che per primo chiese il riconoscimento per Rey -. Oggi abbiamo ricostruito un piccolo tassello nella storia di questa città e dei suoi cittadini. Il presidente Mattarella ha lodato il lavoro della nostra associazione e ci ha spronati ad andare avanti con le ricerche storiche».
L’intenzione di Orlanducci è quella di dare un nome e una storia ai 744 deportati del Quadraro: «Faccio appello a studiosi e appassionati affinché ci aiutino nel nuovo progetto. Queste persone hanno una storia, piccola, familiare, attraverso la quale passa però quella con la “s” maiuscola. Sono ricerche lunghe, difficili. Quella su don Gioacchino ha richiesto 4 anni di lavoro». Il presiedente della Repubblica ha consegnato la medaglia d’oro nelle mani dell’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario di Roma, perché il sacerdote era incardinato nella diocesi del Papa. Il presule ha deciso di affidare il riconoscimento al sindaco di Lenola che la conserverà nella sala del Consiglio comunale.
Alla cerimonia ha partecipato anche don Davide Martini, giovane viceparroco nella stessa comunità che fu di don Gioacchino, Santa Maria del Buon Consiglio: «Da noi, i più anziani ricordano ancora la figura del “parroco delle trincee” (lo chiamò così Pio XII in omaggio alla sua missione di cappellano militare durante la Grande guerra). Ma non solo, ricordano anche il don Rey di tutti i giorni, quello che regalava le fedi alle coppie di sposi che non potevano permettersele; che tornava da Lenola con le valigie piene di biscotti fatti dalla sorella per donarli ai poveri del quartiere. Il ricordo di don Gioacchino non si esaurisce nel momento drammatico del rastrellamento». Al di là del gesto eroico, conclude don Martini, «a noi sacerdoti ricorda che siamo chiamati a darci instancabilmente per il prossimo. Lo continuiamo a fare con i nostri limiti, cercando di fronteggiare le sfide che le nuove povertà di questa città ci mettono davanti».
13 ottobre 2017