“Pitza e datteri” di Kamkari, l’Islam visto con il sorriso
Una Venezia inedita e ricca di suggestioni è lo sfondo della storia raccontata dal regista curdo nato in Iran: una commedia divertente
Una Venezia inedita e ricca di suggestioni è lo sfondo della storia raccontata dal regista curdo nato in Iran: una commedia divertente
Convivenza, rispetto, scambio di opinioni animano e talvolta avvelenano l’incontro tra religioni differenti sul nostro territorio. A questo argomento quasi sempre affrontato sotto il profilo serioso e pieno di dubbi, il cinema si rivolge finalmente in modo nuovo e aperto a maggiore voglia non di chiudere ma di aprire le barriere. È uscito nelle sale “Pitza e datteri”, un film ma, soprattutto, una commedia, agile e svelta, capace di affrontare temi serissimi con toni ironici e divertenti.
Siamo a Venezia e all’improvviso la piccola comunità musulmana della città lagunare si trova sfrattata dalla propria moschea a causa della repentina iniziativa di Zara, una parrucchiera islamica che trasforma il luogo in un salone di bellezza. Nel tentativo di non fare precipitare le cose, viene chiamato in soccorso un imam afghano giovane e inesperto.
Del piccolo gruppo di adepti fanno parte anche Bepi, un veneziano convertito all’ Islam, il “presidente” della comunità Karim, la musulmana progressista Fatima e il curdo Ala. Il tentativo di trovare un punto di incontro tra i musulmani e Zara va avanti tra equivoci, incertezze e beghe di vario tipo. Ma la soluzione è in agguato.
Regista del film è Fariborz Kamkari, e qui qualche informazione si impone. Nato in Iran, curdo, debuttante al cinema nel 2002, Kamkari si è affermato con il film “I fiori di Kirkut”. «Per la mia storia personale conosco bene sia realtà e la cultura europea contemporanea, sia quelle da cui provengono i personaggi immigrati. Da qui sono partito per dare alla storia uno sviluppo lontano dai cliché. L’umorismo e il tono ironico devono molto all’influenza della commedia italiana anni ’60 e ’70, quella scritta da Age/Scarpelli e diretta da Monicelli/Risi».
Da queste premesse nasce l’evolversi talvolta beffardo del copione. Trattare temi molto seri con tono ironia e leggerezza: era questo il segreto del successo della grande commedia italiana anni ’70 ’80. L’idea che una donna mediorientale sconvolga la quotidianità di altri musulmani, aprendo da sola una attività commerciale, è di per sé un ottimo grimaldello per dare il via ad una irresistibile sarabanda di contrattempi e incomprensioni. Si constata con soddisfazione che quella scuola (la commedia) ha lasciato una importante eredità anche in registi lontani per geografia e cultura.
Si può scherzare (sia pure a casa nostra e non da loro) sulle cose serie, ma il rispetto va conservato. Non ci sono né vinti né vincitori e si è intanto colta l’occasione per osservare una Venezia inedita e ricca di suggestioni. Città di mare del tutto cosmopolita, luogo di una religiosità che accoglie e pacifica. Film divertente, per unire, dialogare e confrontarsi.
1 giugno 2015