Povertà minorile al massimo storico degli ultimi 15 anni
Indagine di Save the Children: fenomeno che coinvolge oltre 1,3 milioni di minori (+209 mila). Un quinto dei ragazzi non sa usare gli strumenti informatici, quasi 1 su 3 non ha un tablet a casa e 1 su 7 neanche un pc. Rilanciata la campagna “Riscriviamo il futuro”
Nonostante abbiano trascorso oltre un anno davanti agli schermi di tablet e pc, alle prese con la didattica a distanza e con un nuovo tipo di socialità, quasi solo virtuale, studenti e studentesse in Italia sembrano ancora impreparati e senza le necessarie competenze per affrontare il mondo digitale che si è loro aperto davanti. «La chiusura e l’apertura a singhiozzo delle scuole, la mancanza di strumenti e di abitazioni idonee a seguire la didattica a distanza hanno contribuito ad aumentare la povertà educativa e la dispersione scolastica, lasciando molti bambini indietro». A dirlo è Save the Children, che rilancia la campagna “Riscriviamo il futuro”, per combattere la povertà educativa e digitale e che invita a firmare il Manifesto scritto in collaborazione con i ragazzi del “Movimento Giovani Sottosopra”. Ragazzi che chiedono di uscire dall’invisibilità e di essere al centro delle politiche di rilancio del Paese, con maggiore attenzione alla scuola e alle opportunità educative.
Save the Children sottolinea che la povertà minorile, in poco più di dieci anni, è aumentata di dieci punti percentuali e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni: 1 milione e 346 mila minori (il 13,6% dei bambini e degli adolescenti in Italia), ben 209 mila in più rispetto all’anno precedente, sono in condizioni di povertà assoluta. Un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345mila durante l’anno trascorso, e alla conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche. «Studenti che dietro a quegli schermi di tablet e pc si sono sentiti spesso spaesati e invisibili al mondo degli adulti, non ascoltati e presi in considerazione nelle loro difficoltà e nella frustrazione di non saper immaginare un futuro – afferma l’organizzazione -. Oggi, che il Paese ha avviato la strada per l’uscita dalla crisi sanitaria ma non ancora dalla pandemia sociale che ha coinvolto anche loro in maniera pesante, i ragazzi rivendicano un ruolo centrale e fanno proposte concrete per riappropriarsi di una dimensione educativa che riparta da quanto accaduto nell’ultimo anno e ne faccia il punto di partenza per la trasformazione della loro dimensione educativa».
Attraverso il Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento Giovani Sottosopra (che è possibile firmare online), si chiede agli adulti di provare finalmente a guardarli: «Mettetevi questi occhiali, e guardateci! Siamo stati invisibili, sfocati agli occhi di chi ci ha guardato fino ad oggi. Abbiate il coraggio di aprirvi al nostro punto di vista, per vedere sia le nostre capacità che le nostre difficoltà e fragilità. Dal valore che darete loro, dipenderà il presente e il futuro di tutti noi. Indossate questi occhiali e guardate il futuro, guardate noi». E gli occhiali rossi assurgono a simbolo della campagna di Save the Children, che chiede a tutti di indossarli per veder finalmente meglio i bisogni, le esigenze e i desideri dei ragazzi. «È proprio dalle bambine, dai bambini e adolescenti che abbiamo voluto partire, ascoltando le loro esigenze e amplificando la loro voce, per farli uscire dall’invisibilità in cui si sono sentiti relegati nell’ultimo anno e fare in modo che diventino protagonisti della ricostruzione del tessuto sociale del Paese. Ora è il momento di agire in maniera decisa per rilanciare il futuro dell’Italia ripartendo dalle giovani generazioni. L’ascensore sociale che fino a qualche anno fa era fermo, ora sembra addirittura avere invertito la rotta e rischiamo che i nostri ragazzi debbano abdicare al loro domani. Non possiamo permettere che questo accada e per invertire la rotta è necessario partire dal sistema educativo e dalle diseguaglianze che contribuisce a generare – afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children -. Oggi non possiamo perdere l’occasione del Piano nazionale ripresa e resilienza, che deve mettere al centro il diritto all’educazione di qualità per tutti, portando a sistema le migliori esperienze realizzate sul campo e che tenga conto della trasformazione digitale in atto. Nell’ultimo anno, infatti, a causa dell’isolamento che i minori hanno vissuto, chiusi in casa, senza le necessarie esperienze relazionali e un tempo-scuola tradizionale vissuto in presenza, sono emersi tutti i limiti delle loro conoscenze e competenze nel mondo digitale – prosegue -. Occorre pertanto agire non solo per garantire ai bambini e agli adolescenti l’accesso alle reti e agli strumenti tecnologici, ma anche e soprattutto per consentire loro l’acquisizione delle competenze digitali necessarie».
Nonostante siano “nativi digitali” infatti, secondo l’indagine pilota di Save the Children, una percentuale significativa di studenti intervistati mostra evidenti lacune nella conoscenza e nell’utilizzo degli strumenti tecnologici, tanto che un quinto dei ragazzi intervistati non è ancora in grado di eseguire semplici operazioni utilizzando gli strumenti informatici, come condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom (11%) o scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola (29,3%). «Si configura pertanto una nuova dimensione della povertà educativa, la povertà educativa digitale – afferma Save the Children -, cioè la privazione delle opportunità per apprendere ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, etico e creativo degli strumenti digitali». Non solo: tra gli studenti partecipanti allo studio, coloro che dichiarano di non avere a disposizione nessun tablet a casa sono il 30.4%, mentre il 14.2% afferma di non avere un personal computer. Più della metà (54%) vive in abitazioni dove ciascun membro della famiglia ha a disposizione meno di un dispositivo.
«Come per le altre dimensioni della povertà educativa, dall’analisi svolta sul campione emerge che la condizione socioeconomica delle famiglie influisce sul livello di competenze alfabetiche digitali – afferma Save the Children -. Un dato che si spiega anche pensando che le famiglie più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico sono anche quelle dove minore è la presenza di strumenti quali tablet e personal computer. Tuttavia la povertà educativa digitale colpisce più in generale tutti i bambini e ragazzi e non ci sono differenze socio-economiche che tengano relativamente alla loro capacità di conoscere e applicare le “regole” relative alla vita nel mondo virtuale e la capacità di districarsi tra opportunità e pericoli della rete». Dalla ricerca pilota emerge infatti che una quota consistente degli studenti che hanno partecipato allo studio non conosce le regole relative all’utilizzo della propria immagine da parte dei social, o all’età minima per avere un profilo, non è in grado di eseguire semplici passaggi per rendere il proprio profilo social accessibile soltanto agli amici, di far fronte all’uso improprio della propria immagine da parte di altri. Più della metà non conosce le implicazioni legali relative alla condivisione di contenuti offensivi sui social o non è in grado di reagire in modo corretto di fronte all’uso improprio delle immagini altrui. Infine, quasi la metà degli studenti non è in grado di riconoscere una fake news riguardante l’attualità.
«Raccogliamo continui segnali di allarme sull’allontanamento dei ragazzi dalla scuola e sui drammatici effetti dell’impoverimento delle famiglie – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Le bambine, i bambini e gli adolescenti rischiano di pagare il prezzo più alto di questa crisi che ha enormemente acuito le disuguaglianze educative e oggi blocca le loro aspirazioni per il futuro. Con il Manifesto della Campagna chiediamo con forza alle istituzioni di mettere al centro della ripresa un’educazione di qualità per tutti i bambini, con interventi concreti e immediati: dagli asili nido alla riqualificazione di scuole insicure e prive di manutenzione; dall’estensione del tempo pieno alle mense scolastiche che vogliamo gratuite per tutti i bambini in povertà, per i quali spesso la mensa assicura l’unico pasto completo della giornata. Vogliamo una tabella di marcia del Piano Next Generation che parta dai territori privi di servizi per l’infanzia e per le famiglie e chiediamo che i ragazzi e le ragazze – rimasti troppo a lungo invisibili durante la crisi – siano protagonisti della ripartenza, con l’apertura di spazi di partecipazione e di dialogo con le istituzioni ad ogni livello».
Rilanciando quindi la campagna “Riscriviamo il Futuro”, l’organizzazione ha elaborato il nuovo strumento AbCD – Autovalutazione di base delle Competenze Digitali, in collaborazione con il Centro di ricerca sull’educazione ai media all’Innovazione e alla tecnologia (Cremit) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di Monica Pratesi, del dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa. L’obiettivo è stato quello di misurare l’assenza, da parte dei minori, delle competenze di base per ciascuna delle quattro dimensioni della povertà educativa digitale, quali: apprendere per comprendere (afferente cioè alla conoscenza degli strumenti e delle applicazioni, le loro caratteristiche e funzionalità), apprendere per essere (relativa alla capacità di costruirsi un’identità digitale, del limite che c’è tra spazio pubblico e privato e delle conseguenze delle proprie azioni digitali nei confronti di se stessi e del proprio benessere), per vivere assieme (cioè comprendere, accettare e rispettare la diversità delle identità, degli stili di vita, delle culture altrui nel mondo digitale e prevenire discriminazioni, intolleranza e cyberbullismo) e, infine, per vivere una vita attiva ed autonoma (legata all’accesso a una conoscenza vasta e globale e alle opportunità di partecipazione attiva nel mondo digitale).
La povertà educativa digitale non è soltanto associata alla presenza di strumenti digitali a casa, ma anche al loro utilizzo, in termini di ore. Maggiore è il tempo dedicato all’utilizzo degli strumenti digitali per fare i compiti, migliori sono i risultati in termini di competenze relative all’alfabetizzazione digitale di base. Al contrario, invece, minore è il tempo che i tredicenni impiegano per stare sui social o giocare online, maggiore il livello di competenze riguardanti l’uso consapevole dei nuovi media in relazione all’identità digitale, le implicazioni sociali, culturali ed etiche e le conseguenze delle proprie azioni online. Il 33,3% ed il 39,7% dei minori che non sta sui social non risponde correttamente alle domande relative alle competenze digitali necessarie all’apprendimento e alla vita sui social, a fronte del 47.5% e 50.9% per coloro i quali vi dedicano un’ora o più al giorno.
8 giugno 2021