“Vale la pena”: il ritorno degli Inti- Illimani in Italia
Il 17 marzo a Roma concerto a sostegno dei diritti umani e a tutela dei migranti. Jorge Coulón: «Gli eventi ci chiedono ancora di portare con la nostra musica un messaggio di pace»
«In piedi, cantiamo, che trionferemo/ avanzano le bandiere dell’unità/ e tu verrai a marciare al mio fianco/ così vedrai il tuo canto e la tua bandiera fiorire/ la luce di un’alba rossa/ annuncia ormai la vita che verrà». È l’incipit, tradotto, di “El pueblo unido jamás será vencido (Il popolo unito non sarà mai sconfitto)”, una delle più note canzoni legate al movimento Unidad Popular e alla presidenza del Cile da parte di Salvador Allende, morto nel golpe cileno del 1973, conosciuta in Italia grazie agli Inti- Illimani, che in questi giorni di guerra tra Russia e Ucraina risuona quanto mai attuale.
Era il 1973 quando il noto gruppo cileno – il cui nome composto deriva dal quechua Inti e dal aymara Illimani e significa “Sole di una montagna nelle vicinanze di La Paz, Bolivia” – ottenne asilo politico nel nostro Paese. Il gruppo, composto dagli esordi da un gruppo di giovani studenti dell’Università Tecnica dello Stato del Cile, sorge all’interno del movimento chiamato “La Nuova Canzone Cilena” che si sviluppa tra 1965 e 1973. A partire dagli anni ’80 la loro carriera si è distinta per i tanti successi, raggiungendo i primi posti della classifica italiana e collezionando innumerevoli dischi d’Oro e Platino. Il gruppo vanta milioni di dischi venduti in tutto il mondo, con presentazioni e concerti in più di 58 Paesi. La band ha condiviso il palco e suonato con artisti di grandissima importanza come Bruce Springsteen, Sting, Peter Gabriel, Tracy Chapman, John Williams, Paco Peña, Mercedes Sosa, Silvio Rodríguez, Milton Nascimento, Danielle Silvestre, Lucio Dalla, Pablo Milanés, Francesca Gagnon, Arja Saijonmaa, Holly Near, Joan Baez, Marta Gómez, Isabel Parra, Georgina Hassan, Víctor Heredia, tra gli altri, suonando nei più rinomati palchi di tutto il mondo.
Dal 13 marzo li aspettano in Italia per sei tappe del tour “Vale la pena” e l’appuntamento a Roma è per il 17 alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica. Sul palco con loro Giulio Wilson, cantautore ed enologo, amante della poesia e delle storie nascoste, anche quelle che sembrano naufragate negli angoli più reconditi della memoria, che tornano a galla nelle canzoni, come nel suo disco pubblicato qualche mese fa, dal titolo “Storie vere tra alberi e gatti”. Da appassionato di vini, non può che ricordare questo aneddoto: «Durante il lockdown del 2020, il giorno che morì Sepulveda, mandai un messaggio di dispiacere a Jorge Coulón degli Inti- Illimani; lui mi rispose con una frase che sento ancora risuonare nella mia testa, ovvero che gli artisti e gli scrittori di testi e di canzoni non muoiono mai. Gli Inti- Illimani sono immortali, anche loro; sono come un buon vino, vivo, in evoluzione, che più passa il tempo e più migliora. Sono come un vino da “meditazione”, perché muovono qualcosa dentro gli animi; un vino dal retrogusto nostalgico, caratterizzato da una persistenza nel tempo passato, in quello presente e nel futuro».
“Vale la pena” è il nome del brano che ha sugellato l’incontro, il sodalizio prima umano e poi artistico tra gli Inti- Illimani e Giulio Wilson: è il manifesto contemporaneo di un’epoca in cui si ha bisogno di confronti, di dialogo, di abbattere i confini per afferrare l’umanità di ogni cosa, l’umanità di ogni vita; slogan universale e di speranza, dedicato a tutti. La canzone, scritta da Wilson e cantata insieme agli Inti- Illimani, è stata registrata a Santiago del Cile durante le proteste popolari scaturite il 7 ottobre 2019 contro l’aumento del carovita e la corruzione. Uscita in doppia versione, in italiano e in spagnolo, “Vale la pena” è una delle 13 tracce che compongono l’album del cantautore. Una proposta musicale inedita, quella degli Inti- Illimani e di Giulio Wilson, per uno spettacolo che rinnova le passioni di sempre e che conquisterà anche i più giovani.
Vale la pena Tour supporta le attività di Amnesty International Italia e il festival Voci per la Libertà. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, afferma: «Nella situazione eccezionalmente drammatica di queste settimane, l’accoglienza di chi fugge dalla guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina è un imperativo morale oltre che un obbligo giuridico per tutti gli Stati: senza se e senza ma e soprattutto senza discriminazione e senza narrazioni divisive come quella che pretende di distinguere i “profughi veri di guerre vere” da altri. Perché purtroppo mentre c’è la guerra in Ucraina non è che in Afghanistan o in Libia stiano giocando a briscola».
Abbiamo intervistato la storica voce degli Inti- Illimani, Jorge Coulón, in procinto di tornare in Italia per l’avvio del mini tour.
Da sempre ambasciatori di pace, sicuramente quando avete programmato queste date non vi aspettavate che il vostro messaggio fosse tanto attuale.
Certamente no, volevamo fare una tournée tranquilla, abbiamo sognato per molto tempo di tornare in Italia dopo il dilagare della pandemia, ma la contingenza degli eventi ci chiede nuovamente di portare con la nostra musica un messaggio di pace. La storia si ripete, tutto il mondo lotta ancora una volta per la pace, per il rispetto dei diritti umani, per il rispetto dei popoli, per la gente comune che vive del proprio lavoro e che non aspetta altro che poter lavorare, vivere, crescere e amare, condividere in pace. Speriamo che questi concerti siano un momento di incontro, per riaffermare i diritti delle persone, al di sopra dei giochi delle grandi potenze.
Avete sperimentato sulla vostra pelle l’asilo politico, dal 1973 al 1988 siete stati esuli forzati in Italia a causa del colpo di Stato di Augusto Pinochet. Come andarono le cose e come foste accolti?
All’epoca era diverso il fenomeno dell’emigrazione, molto più contenuto rispetto a oggi. Oggi l’immigrazione non interessa solo l’Europa ma il mondo intero, anche l’America latina e i flussi verso gli Stati Uniti. C’è tanta gente che chiede asilo, che ha bisogno di accoglienza e di umanità. Ma vedo che c’è ancora tanta strada per imparare a gestire questo fenomeno.
Come è nata quest’ultima collaborazione con Amnesty International Italia?
C’è un’antica relazione, che risale a quando eravamo esuli a Roma, quando ci contattarono per iniziare a collaborare. Già negli Anni Novanta tornammo con loro in Cile per due memorabili concerti a Santiago nel post dittatura.
Come saranno questi concerti italiani?
Vogliamo fare un concerto in cui la gente riconosce le canzoni che ci hanno accompagnato in questi anni, ma anche fare una proposta musicale nuova: non siamo una band da museo ma un gruppo vivo e attivo. Speriamo che vengano apprezzate le nuove proposte a cui stiamo lavorando.
Seguite la musica italiana contemporanea? Chi vi piace?
Purtroppo in Cile arriva solo la musica pop più commerciale, invece guardiamo con interesse a quella dei cantautori più sperimentali come Giulio Wilson. Più che le comparse abbiamo seguito le scomparse in questi anni, come quella di Battiato, che avevamo conosciuto.
11 marzo 2022