Congo e Sud Sudan, Gnavi: «La liberazione ha il nome di Gesù»

A Santa Maria in Trastevere la veglia della Comunità di Sant’Egidio. Nel Nord Uganda, la Comunità ha aperto nel 2014 la School of Peace che garantisce l’istruzione a migliaia di bambini e opportunità di lavoro a rifugiati sud sudanesi

Con una veglia organizzata nella basilica di Santa Maria in Trastevere, venerdì sera, 23 febbraio, la Comunità di Sant’Egidio ha aderito alla Giornata di digiuno e preghiera per la pace in Congo e Sud Sudan e nel mondo, indetta da Papa Francesco. «Disponendoci all’ascolto e alla meditazione della Parola – ha detto monsignor Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere che ha presieduto la veglia -, preghiamo per queste popolazioni martoriate dalla guerra e a noi così care». A Nyumanzi, nel Nord Uganda, la Comunità di Sant’Egidio ha aperto nel 2014 la School of Peace che garantisce l’istruzione a migliaia di bambini e opportunità di lavoro a numerosi rifugiati sud sudanesi che prima della guerra erano insegnanti.

Anche in Congo, sia nella capitale
che nelle città dell’interno, ci sono le Scuole della pace per i minori in difficoltà mentre per i malati di Aids è attivo un programma di prevenzione oltre che di cura per garantire la nascita di bambini da madri sieropositive. Commentando il capitolo quinto del Vangelo di Marco, in particolare il brano dell’indemoniato di Gerasa, Gnavi ha sottolineato che «come quell’uomo posseduto dal diavolo dichiara al Signore di non avere un solo nome», anche oggi «il demone della violenza si chiama denaro e, insieme, potere, armi, disprezzo della dignità umana» mentre «la liberazione ha un unico nome: quello di Gesù».

Il sacerdote ha poi evidenziato come non si possa dirsi cristiani «senza desiderare, pregare e lavorare per la pace» poichè «la vittoria del bene comincia anche da un solo fratello liberato» e le scelte e i gesti «di ciascuno di noi possono essere messi a servizio della riconciliazione». Ancora, osservando che «sono pochi, oggi, i profeti della pace in Europa e nel mondo» dove, invece, sembra dominare la paura, Gnavi ha detto con forza che «la pace non la decidono solo i potenti ma anche chi dalla paura è affrancato»; per questo, «dobbiamo disarmare noi stessi da ogni timore – ha ammonito – e mettere a disposizione del bene i nostri talenti».

Infine, guardando a come i concittadini dell’indemoniato agirono nei suoi riguardi, «obbligandolo alla nudità dopo averlo legato con ceppi e catene», il sacerdote ha chiosato che «non si può e non si deve rispondere mai alla follia della violenza con altra violenza», riconoscendo poi «nella relegazione tra le tombe cui l’avevano costretto» l’immagine delle città devastate dalla guerra e «trasformate in cimiteri viventi». Sono 6 milioni le vittime in Congo dal 1997 ad oggi, 4 milioni gli sfollati; mezzo milione, invece, i morti in Sud Sudan negli ultimi 4 anni di conflitto civile, con 2 milioni di rifugiati e 5 milioni di persone a rischio fame.

Presentando la drammatica situazione
che interessa i due Paesi africani, Gnavi ha invitato a pregare «anche per quanto sta accadendo in Siria dove, a causa dei conflitti, sono morte oltre 350.000 persone in sette anni». Quindi, in una chiesa gremita – c’erano anche le comunità dei due stati africani presenti in Italia – la veglia è proseguita con il momento delle invocazioni: tra le altre, la preghiera per i missionari che continuano a portare il Vangelo nelle zone di guerra come voce di giustizia e per i bambini ai quali, a causa dei conflitti, viene sottratta la spensieratezza dell’infanzia. Ad ogni intenzione, l’accensione di una candela. Infine, prima della benedizione, Gnavi ha chiesto a tutti i presenti di scambiarsi il segno della pace come impegno concreto e chiamata alla responsabilità di ognuno.

 

26 febbraio 2018