Emergenza giovani, parte “L’ospedale da campo”

Disagio, prostituzione e campi rom: questi i contesti sui cui agisce il progetto dedicato ai ragazzi, dall’ascolto all’accoglienza. Coinvolti volontari, famiglie e religiosi

Disagio, prostituzione e campi rom: questi i contesti sui cui agisce il progetto dedicato ai ragazzi, dall’ascolto all’accoglienza. Coinvolti volontari, famiglie e religiosi

«C’è un’emergenza giovanile a Roma più grande di quanto si può immaginare. Droga, alcol, prostituzione non risparmiano ragazzi sempre più giovani, di qualunque estrazione sociale. È per dar loro la possibilità di riprendersi in mano la vita che nasce “L’ospedale da campo”». Padre Paolo Formenton, rogazionista, vice parroco ai Santi Antonio e Annibale Maria, parla con entusiasmo del progetto che da un anno lo vede coinvolto con altre 12 persone, tra religiosi e laici, per combattere sul campo il disagio giovanile. Prendendo spunto dalle parole del Papa nell’Evangelii gaudium – «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa» -, “L’ospedale da campo” si occupa di giovani a 360 gradi. «Significa rendersi conto dell’effettiva emergenza che c’è oggi, e intervenire con proposte concrete che lascino il segno».

Il progetto agisce su tre contesti precisi: prostituzione, campi rom e disagio giovanile, e si articola in quattro fasi distinte ma collegate. La prima è il percorso “DuePassInsieme” che vede i volontari intervenire sul campo. «A seconda dei campi di azione, il mio è quello del disagio giovanile – dice padre Formenton -, andiamo nelle discoteche, soprattutto, o in estate sul litorale romano. Incontriamo i ragazzi ed entriamo in relazione con loro. Poi si passa alla seconda fase, quella più difficile, dove prendiamo in carico il giovane disagiato e gli offriamo appoggio sanitario, assistenza psicologica e anche sostegno scolastico». La fase tre è quella dell’accoglienza, detta anche “percorso La Locanda”, dove i ragazzi si riuniscono in spazi diurni, si cerca di dar loro alloggi temporanei notturni e assistenza per chi ha figli a carico. Poi, con la fase quattro, «attraverso la onlus “Impresa Sant’Annibale” – continua -, creiamo percorsi di formazione, offrendo ai giovani gli strumenti per entrare nel mondo del lavoro».

In quest’ambito si inserisce anche l’aiuto offerto a giovani e giovanissimi, dai 6 ai 12 anni di età, che vivono nei campi nomadi. A occuparsene, ben prima della nascita de “L’ospedale da campo”, è don Paolo Lojudice, parroco di San Luca Evangelista, che insieme a don Giovanni Carpentieri ha dato il via al progetto. «L’iter è più o meno sempre lo stesso – spiega -: andiamo nei campi, conosciamo prima i bambini e poi le loro famiglie. Dopo diverse “missioni” siamo riusciti ad aprire un centro diurno, noi lo chiamiamo “la casetta”: uno spazio dove aiutiamo i ragazzi nel doposcuola, facciamo animazione, sport ma lavoriamo anche, ad esempio, sull’igiene personale. Non è facile – continua don Paolo -, cerchiamo di coinvolgerli il più possibile, recentemente anche con attività sportive». Un’assistenza completa, un impegno che necessita di sostegno continuo. Per questo “L’ospedale da campo” cerca volontari, famiglie, religiosi che abbiano voglia di impegnarsi in un progetto che rispecchia l’esortazione di Papa Francesco: «Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa».

23 febbraio 2015