Emergenza sangue nel Lazio

Record negativo di donatori nel 2018: davanti solo alla Campania. Il protocollo Fidas – Miur per raggiungere i ragazzi delle scuole. Il rapporto con le parrocchie

I mesi estivi significano per molti vacanze, viaggi e spostamenti dalle città di residenza. Ma le ferie possono significare anche meno disponibilità nel donare il sangue. Un’emergenza, quella delle donazioni, che soprattutto in questo periodo colpisce molte regioni italiane, in particolare il Lazio, e che è figlia di una difficoltà cronica che si registra in tutto l’arco dell’anno. Il Lazio, infatti, nel 2018 ha registrato un numero di donatori pari a 23,35 ogni mille abitanti residenti. Un record negativo se si pensa che solo una regione in Italia, la Campania, ha meno donatori (22,93), mentre la media nazionale è di 27,8. I dati, diffusi dal Centro Nazionale Sangue, parlano di una costante diminuzione dei donatori in tutta Italia, anche se proprio nel 2018, per la prima volta dopo molti anni, il totale dei donatori è cresciuto (+ 0,2% rispetto al 2017).

Ogni anno, soprattutto in queste settimane, si torna quindi a parlare di emergenza sangue «anche se non dovremmo chiamarla emergenza – spiega Maurizio Infantino, presidente di Avis Roma – perché purtroppo in alcune parti del Lazio e soprattutto a Roma è una condizione che ci attanaglia durante tutto l’anno e si acuisce nei mesi estivi perché i donatori che solitamente ci sono si spostano per le vacanze o donano con meno frequenza». Per ovviare a questa flessione le varie associazioni «si attivano con eventi, attività singole, momenti di informazione e formazione e ovviamente di raccolta», afferma Infantino. Si cerca quindi di proporre «degli eventi di sensibilizzazione che possano coinvolgere il più possibile i cittadini». Un discorso che, sottolinea, vale tanto per le donazioni di sangue quanto per il plasma, «una componente importante che in molti casi può aiutare tante persone; anche gli stessi cittadini che non potrebbero donare sangue per le più svariate ragioni, se si tratta di plasma lo possono fare anche con più regolarità».

Nonostante i dati positivi a livello nazionale registrati per il 2018, la situazione continua a non essere rosea, in particolare «perché – spiega Infantino – la popolazione donatrice sta invecchiando e per ovvie ragioni sanitarie può donare con meno regolarità». Di contro, però, la domanda di sangue non si arresta, anzi «con l’invecchiamento crescono le necessità ospedaliere e mediche». Una condizione che si può risolvere «chiamando all’azione soprattutto i ragazzi in età scolastica e universitaria, che possono dare un grande aiuto». Dello stesso avviso è Paola Tosi, presidente di Fidas Lazio, la Federazione italiana associazioni donatori di sangue. «La carenza di sangue – afferma – è ormai strutturale e quindi non ci riferiamo solo all’estate». Nel Lazio è una situazione ormai diffusa, e si aggrava nella Capitale, «che paga la grandezza e quindi le difficoltà per molti di raggiungere i luoghi in cui si può donare o i centri trasfusionali».

Si apre quindi la questione di una corretta informazione ai cittadini e di una sensibilizzazione che possa essere il più possibile capillare sul territorio. «Come Fidas – racconta Tosi – abbiamo firmato un protocollo d’intesa con il Miur per recarci nelle scuole, per cercare di arrivare a più giovani possibile». In generale per enti e associazioni è fondamentale riuscire a fare «delle corrette programmazioni per tutto l’anno, sia di sensibilizzazione e formazione, sia per le giornate di donazione». Non solo attraverso scuole e istituzioni, ma anche «grazie alle parrocchie – racconta Tosi – che privilegiamo per le nostre attività perché ci permettono di arrivare nelle periferie, nelle zone della città e della regione dove altrimenti sarebbe difficile riuscire a sensibilizzare e a coinvolgere la popolazione che poi si rivela molto interessata e disposta a donare».

Diminuzione dei donatori e aumento della richiesta di sangue sono dunque le questioni sempre aperte quando si parla di donare il sangue. La nota positiva, però, è la capacità italiana di autosostenersi nella disponibilità di sangue. «Troppo spesso – dice Tosi – si sente dire che il sangue arriva dall’estero, quando non è assolutamente vero. Fino a oggi, infatti, nonostante le carenze di molte regioni, l’Italia sta riuscendo ad avere tutte le donazioni fatte in casa propria e questo è molto importante perché è un sangue che arriva sempre in modo gratuito e quindi donato responsabilmente».

29 luglio 2019