“Ennio l’alieno” e il dolore di Flaiano
Nell’opera di Renato Minore e Francesca Pansa, un ritratto critico-biografico attraverso lettere, testimonianze e documenti. Le pagine più commoventi, quelle riferite all’amata figlia Luisa, disabile
Un bel libro, lucido e appassionato, di Renato Minore e Francesca Pansa, Ennio l’alieno (Mondadori, pp. 220, 18,50 euro), ci riporta a Ennio Flaiano, scomparso a Roma cinquant’anni fa. Fra tutti gli scrittori italiani del Novecento, fu di certo il più smaliziato, singolarmente refrattario al romanzo, sebbene sia stato in grado di comporne uno, memorabile, come Tempo di uccidere (1947); irresistibilmente attratto dalla dimensione autobiografica, tuttavia stemperata dalla ritrosia ironica che lo contraddistinse, come dimostrano i capolavori Diario notturno (1956) e Melampus (1974), fra gli altri. Senza considerare i geniali contributi quale sceneggiatore soprattutto felliniano: La strada, La dolce vita, 8½ .
Frammentario e compiuto, eclettico e rigoroso, dispersivo e ossessivo, stravagante e determinato, Flaiano resiste a ogni catalogazione. Eppure, lo sanno i suoi appassionati e scelti lettori, nascondeva un dolore insanabile: la malattia dell’amata figlia Luisa, Lè-Lè, colpita a soli tre anni da una grave forma di encefalopatia dopo la quale restò disabile. Un’esperienza che segnò per sempre la vita del padre e della madre, Rosetta. Alcuni strazianti e indimenticabili versi, compresi nella Valigia delle Indie (1988), intitolati La spirale tentatively, rievocano la drammatica notte trascorsa dallo scrittore all’ospedale durante una crisi epilettica della figlia: «La parte che mi si chiedeva / era questa, infame, al limite del tradimento / e venivo guardato come un intruso al quale / niente si deve dire, se non che la morte della ragazza / della dolce ragazza che ha vent’anni / è soltanto liberazione, la fine di ogni sofferenza / la chiusura di un capitolo sbagliato…».
Negli anni successivi la presenza di Lè-Lè continuò a rappresentare una domanda inevasa: da un lato pungente spina nel fianco, dall’altra straordinaria occasione di letizia. E forse le pagine più commoventi di Ennio l’alieno, un ritratto critico-biografico attraverso lettere, testimonianze e documenti, sono proprio le ultime, riferite a lei: nella reazione di rigetto che suscita persino negli amici (una stilettata è la battuta di Federico Fellini: «Ma perché non la rinchiudono? ») e nelle sue esplosioni gioiose (quando leggera e felice danza sulle note di una famosa canzone di Peppino di Capri: «Mai più nessuno al mondo t’amerà così»), fino alla citazione finale dal Diario degli errori, nota 125, composta nel 1960, riguardo al vagheggiato ritorno di Cristo sulla Terra, assalito da fotografi e cacciatori di autografi, e ai suoi miracoli.
Almeno fin quando accade un fatto nuovo: «Un uomo gli condusse una figlia malata e gli disse: “Io non voglio che tu la guarisca ma che tu la ami”. Gesù baciò quella ragazza e disse: “In verità, quest’uomo ha chiesto ciò che io posso dare”. Così detto sparì in una gloria di luce, lasciando la folla a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli».
29 novembre 2022