Essere madri in Italia, sfida da “Equilibriste”

Diffuso il 9° rapporto di Save the Children sulla maternità nel nostro Paese. Lazio all’8° posto dell’Indice generale. In cima alla classifica Bolzano, Emilia Romagna e Toscana. Basilicata fanalino di coda

A pochi giorni dalla Festa della mamma, che quest’anno si celebra il 12 maggio, Save the Children diffonde il 9° rapporto “Le Equilibriste. La maternità in Italia nel 2024”. Un bilancio delle infinite sfide che nel nostro Paese le donne devono affrontare quando scelgono di diventare mamme, che include, come ogni anno, anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children: una classifica delle regioni italiane dove per le mamme è più facile vivere. Guadagnando 5 posizioni dall’edizione precedente, il Lazio si posiziona all’8° posto. In cima alla classifica dei territori “amici delle madri” la Provincia autonomia di Bolzano, seguita da Emilia Romagna e Toscana. Fanalino di coda la Basilicata; appena meglio Campania e Sicilia.

Il punto di partenza dell’analisi di Save the Children è il un nuovo minimo storico delle nascite registrato nel 2023 in Italia, ormai stabilmente ferme sotto le 400mila unità, con un calo del 3,6% rispetto all’anno precedente. «Le donne scelgono di non avere figli o ne hanno meno di quanti ne vorrebbero», si legge nel testo. E la contrazione della natalità che accompagna l’Italia da decenni, ormai coinvolge anche la componente straniera della popolazione. Non solo: l’Italia è anche il Paese europeo con la più alta età media delle donne al momento della nascita del primo figlio (31,6 anni), con una percentuale rilevante di primi nati da mamme over 40 (8,9%, tasso inferiore solo a quello della Spagna). L’età media delle madri al parto rimane quasi invariata rispetto all’anno precedente (32,5 anni nel 2023 e 32,4 nel 2022).

«In Italia si parla molto della crisi delle nascite, ma non si dedica sufficiente attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, “equilibriste” di oggi, sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura – afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia -. Un Paese nel quale le madri sono ancora troppo in affanno, ancora diviso tra Nord e Sud, con regioni più o meno accoglienti per le donne con figli. Occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Oggi – prosegue – la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione». Ancora, per Fatarella è necessario «assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità, esse debbano essere stabili. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, poco affidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare».

Se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, i dati rivelano che più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, più aumenta il tasso di fecondità. Un elemento da tenere in debita considerazione, in un mercato del lavoro che sconta ancora un gap di genere fortissimo. Basti pensare che nel 2023 il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni nel nostro Paese è stato del 52,5% nel 2023, a fronte del 65,8% della media Ue. La differenza tra il tasso di occupazione degli uomini e delle donne nel nostro Paese, nello stesso anno, era di 17,9 punti percentuali – in Ue del 9,4 -. Peggio di noi, di pochissimo, solo la Grecia, dove la differenza era di 18 punti percentuali.

Critico, per le donne, il tema del bilanciamento tra lavoro e famiglia, per quante nel proprio nucleo svolgono un lavoro di cura non retribuito. Lo dimostra il dato delle donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà di quelle con due o più figli minori ha un impiego (57,8%). Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, con una variazione che va dal 77,3% per coloro senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minore e al 91,6% per chi ne ha due o più.

Nonostante il passaggio negli ultimi anni da strumenti estemporanei a politiche strutturali, come ad esempio l’Assegno unico, resta alto per l’Italia «il rischio di misure una tantum pensate ad hoc per specifici target, come le famiglie numerose o le lavoratrici dipendenti». A spiegarlo è Antonella Inverno, responsabile Ricerca e analisi dati di Save the Children Italia. «La buona notizia  – osserva – è che rispetto al 2022 i divari territoriali sono diminuiti e nella speciale classifica stilata dall’Istat per il nostro Indice delle Madri la distanza tra la Basilicata, l’ultima della lista, e la Provincia autonoma di Bolzano, la regione con le migliori performance, è diminuita di 7 punti. Anche il valore complessivo dell’Italia come sistema Paese è aumentato – prosegue -, segno di una maggiore consapevolezza sul tema del supporto alla genitorialità dopo anni di dibattito pubblico. In questa direzione va anche il recente provvedimento che finanzia circa 25mila posti nella rete dei servizi educativi all’infanzia, anche se non siamo ancora agli obiettivi fissati inizialmente dal Pnrr». Di qui l’esortazione a «non abbassare il livello dell’attenzione, anche perché rispetto alla condizione delle mamme permangono forti disparità soprattutto tra il Sud e il Nord del Paese».

La riprova è fornita proprio dall’Indice delle Madri, nel quale le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano, nonostante un miglioramento sia da un punto di vista assoluto che da un punto di vista di gap territoriale. «Relegate in fondo all’Indice, queste regioni più di altre, scontano i mancati investimenti sul territorio che si traducono in una carenza strutturale di servizi e lavoro», si legge. Ancora, dai dati emerge che se il lavoro a tempo pieno è più comune tra gli uomini rispetto alle donne, accade l’opposto per il lavoro part-time: solo il 6,6% degli uomini che lavora lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi (15,4%) subisce un part-time involontario. Tra coloro che hanno figli, aumenta notevolmente la percentuale di donne impiegate a tempo parziale (36,7%) rispetto a quelle senza figli (23,5%). Tra gli uomini, invece, si passa dall’8,7% per chi non ha figli al 4,6% per i padri.

Venendo ai dati, il Lazio si posiziona nella parte bassa dell’Indice – al 17° posto – per quanto riguarda l’area della Demografia; avanza di 4 posizioni, fino ad arrivare al 6° posto, nella dimensione del Lavoro; è in cima alla classifica per quanto riguarda la Rappresentanza, vale a dire la percentuale di donne in organi politici a livello locale, avanzando di 4 posizioni. Occupa invece la paste bassa dell’Indice nell’area della Salute, fermandosi al 16 ° posto; 7° posto per quanto riguarda la dimensione dei Servizi, così come per l’area della Soddisfazione soggettiva, nella quale l’anno scorso era al 13° posto. A peggiorare è la posizione nell’area relativa alla Violenza, che vede il Lazio in 17° posizione.

A sostegno della genitorialità, Save the Children agisce con diversi programmi dedicati all’area della prima infanzia, in partenariato con organizzazioni territoriali competenti e qualificate. A cominciare da “Fiocchi in ospedale” – presente in 14 strutture ospedaliere di 9 città -, dedicato ai neonati e alle loro famiglie, che prevede l’offerta di un servizio di bassa soglia per l’ascolto, l’orientamento, l’accompagnamento e la presa in carico. In circa 10 anni di attività e grazie alle sue reti territoriali ha coinvolto, fino a oggi, circa 40mila minori e più di 45mila adulti. Ancora, l’organizzazione offre il programma “Spazio Mamme”, per genitori e bambini da 0 a 6 anni, offrendo spazi di accoglienza, cura, gioco e condivisione; 13 quelli attualmente attivi, che solo nel 2023 hanno accolto 2.870 bambine e bambini, genitori e adulti di riferimento.

Sviluppate anche aree ad alta densità educativa per la prima infanzia, attraverso la creazione di poli educativi integrati territoriali che vedono una stretta collaborazione tra le agenzie educative presenti, che nell’anno passato hanno offerto i loro servizi a più di 1.905 piccoli e a 1.528 genitori e adulti di riferimento. A Roma poi dal 2022 è attivo, in collaborazione con l’Area di contrasto a tratta e sfruttamento, il progetto Nuovi Percorsi Roma, che supporta nuclei monoparentali ad alta vulnerabilità, anche provenienti da migrazioni forzate e tratta, con bambini e bambine tra 0 e 6 anni.

8 maggio 2024