I giovani romani, derubati dei sogni

Presentata la ricerca "Il futuro negato", della Caritas diocesana, curata dal sociologo Mario Pollo, realizzata con Ufficio scuola e Pastorale giovanile. Suor Smerilli: il ruolo educativo dell'adulto

Non coltivano sogni, trascorrono ore sul web, molti dichiarano di aver perso la fede. È quanto emerge dalla ricerca della Caritas di Roma “Il futuro negato. Progetto e sogni di adolescenti e giovani romani” curata dal sociologo Mario Pollo. Presentato questa mattina, 15 gennaio, nella Cittadella della carità, il lavoro, realizzato con l’Ufficio Scuola e il Servizio per la pastorale giovanile della diocesi di Roma, evidenzia che la società consumistica e l’avvento delle nuove tecnologie hanno prodotto bambini precocemente maturi – e in alcuni casi già disillusi – e adulti tardivamente infantili, capaci di fare file di ore, anche di notte, per accaparrarsi l’ultimo smartphone. Entrando nel merito della ricerca Pollo si è soffermato sull’incapacità degli adolescenti e dei giovani romani di sognare. Se coloro che vivono nei quartieri periferici manifestano grandi difficoltà a progettare il proprio futuro – per scarsa fiducia nelle loro capacità, per timore di fallire, per la convinzione che prevaricheranno sempre i “raccomandati” -, quelli che risiedono in zone centrali hanno sì programmato il loro futuro nei minimi dettagli ma solo per raggiungere una propria affermazione personale.

Per sviluppare la “ricerca-azione” – termine coniato da Pollo per significare che al lavoro deve seguire un processo di azione educativa – sono stati organizzati undici focus group: 7 formati da adolescenti (16-19 anni), di cui cinque da residenti in quartieri della periferia e due in quartieri centrali. Quelli formati da giovani tra i 20 e i 23 anni sono stati due, così come quelli dei giovani adulti (24-28 anni). «Abbiamo voluto dare voce al mondo e alla realtà giovanile della Capitale», ha detto il direttore della Caritas di Roma don Benoni Ambarus, spiegando che l’idea della ricerca è nata prima dell’inizio del Sinodo dei giovani. Gli adulti sono i primi a «non avere più il brivido dei sogni – ha aggiunto il sacerdote -. Non abbiamo una visione ampia ma ci importa solo di curare il nostro giardino oggi. Votiamo, per esempio, il politico di turno che promette di risolvere i problemi attuali senza pensare al futuro».

Dal volume emerge che gli adolescenti delle periferie non riescono ad immaginare il loro futuro a medio o lungo termine. Per Pollo alla base di questa «opacità» c’è la «poca fiducia in se stessi, la scarsa propensione al sacrificio e, soprattutto, l’immagine negativa del lavoro visto prevalentemente come una routine, fonte di noia e di scarsa gratificazione». Il mito dell’autorealizzazione personale ed economica prevale invece tra i giovani dei quartieri centrali. Come i coetanei delle periferie, non nascondono ansie e timori ma hanno già ben definito il loro futuro professionale. Tra i ragazzi ascoltati Pollo ha ricordato un’adolescente che, pur frequentando l’ultimo anno di liceo, ha già scelto il tipo di corso universitario, l’università in cui seguirlo, ha superato il test di ingresso e ha già anche trovato casa nella città sede dell’università. «I sogni sono un’altra cosa – ha aggiunto -. Oggi rappresentano qualcosa da raccontare all’analista, non c’è più tra gli adolescenti e i giovani la dimensione del rimboccarsi le maniche per realizzare qualcosa di grande. Cercano il successo a ogni costo, anche a discapito di una famiglia».

I giovani che frequentano attivamente come educatori le parrocchie «hanno invece superato “l’handicap” di appartenere alle periferie – ha spiegato il sociologo -. Usano il ruolo educativo quale strumento di emancipazione ed evoluzione culturale». Un gruppo di giovani che ha sviluppato il tema del futuro personale è quello formato dai giovani africani richiedenti asilo ed è emerso che tra le aspirazioni comuni c’è il desiderio di una famiglia, l’acquisto di una casa, fare politica per aiutare il Paese di origine.

In merito al tema “credo religioso”, alcuni ragazzi hanno confessato di aver perso la fede ma continuano a frequentare gruppi scout o realtà ecclesiali. «C’è anche chi ha manifestato un significativo apprezzamento della Chiesa intesa come comunità e, invece, un odio profondo per la Chiesa intesa come istituzione», si legge nel volume. Ancora, tutti gli adolescenti utilizzano i social network ma i tempi e le motivazioni sono molto differenti. Gli adolescenti delle periferie trascorrono più ore al giorno in rete perché nel loro quartiere mancano i servizi e i luoghi di aggregazione. «I social diventano una finestra sul mondo – ha detto Pollo -: è un modo per essere aggiornati su cosa fanno gli altri e sentirsi in qualche modo parte di un gruppo».

Suor Alessandra Smerilli, docente alla Pontificia Università Auxilium, impegnata nei lavori dell’incontro di Assisi “The economy of Francesco” in programma dal 26 al 28 marzo, ha posto l’accento sul ruolo educativo dell’adulto, che «non deve salire in cattedra ma camminare accanto ai giovani, deve operare un ascolto senza giudizio e soprattutto chiedersi se adattare i ragazzi alle esigenze della comunità o se non sia più utile il contrario, per dare ossigeno alle comunità». Don Antonio Magnotta, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile, ha avvertito «sensi di colpa» leggendo la ricerca. Per il sacerdote, ci troviamo davanti a «una generazione interessantissima le cui capacità e risorse sono atrofizzate anche per colpa degli adulti, incapaci di coltivare talenti nascosti». Gli ha fatto eco Rosario Salamone, direttore dell’Ufficio per la pastorale scolastica e l’insegnamento della religione cattolica della diocesi, secondo il quale «in un ragazzo il futuro è una quantità che diventa una qualità emozionale fortissima, che diventa una speranza da coltivare».

15 gennaio 2020