Il “testamento” di Cormac McCarthy
L’ultima dilogia, Il passeggero e Stella Maris e e l’irresistibile attrazione verso la dimensione corale dell’esistenza umana. Come messaggi dentro la bottiglia per le future generazioni
Iniziai a leggere Cormac McCarthy trent’anni fa quando per la prima volta venne tradotto in Italia da Riccardo Duranti per l’editore Guida All the Pretty Horses con il titolo Cavalli selvaggi e da allora non ho più smesso. È stato bello veder crescere la schiera dei suoi seguaci anche nel nostro Paese che, soprattutto dopo La strada, ha raggiunto il grande pubblico. L’ultima dilogia, Il passeggero e Stella Maris – oggi entrambi disponibili insieme all’intera opera da Einaudi nella versione di Maurizia Balmelli – costituisce il testamento dell’autore, scomparso il 13 giugno 2023, un mese prima di compiere novant’anni.
La storia di Bobby Western, sommozzatore impegnato nel recupero di un aereo distrutto con dieci passeggeri compresi nella lista di bordo, fra cui uno scomparso, e di sua sorella Alicia, genio precoce della matematica afflitta dalla schizofrenia che la costringe a un drammatico confronto con alcuni personaggi nati dalle sue allucinazioni, fra i quali spicca Talidomide Kid, possiede una tensione quasi insostenibile anche perché i due personaggi, figli di uno scienziato che lavorò a Los Alamos insieme a Oppenheimer per la costruzione della bomba atomica, sono legati da un amore assoluto che, se da una parte inizialmente li salva dalla disperazione, dall’altra li isola dal consorzio umano. Mentre Bobby, sottraendosi all’investigazione di due misteriosi agenti segreti, è impegnato in un’ossessiva fuga dalla responsabilità, come se il padre avesse lasciato in lui un’atavica colpa, Alice finirà suicida senza che il dottor Cohen, che la interroga a lungo nella clinica specializzata, riesca ad impedirlo.
Il grande scrittore americano dimostra sul campo delle operazioni di aver conservato fino all’ultimo una straordinaria lucidità esecutiva, ammirevole se pensiamo all’età in cui compose questi testi estremi. Torna in tutt’e due le opere l’intuizione stilistica dell’apocalisse post-novecentesca e l’irresistibile attrazione verso la dimensione corale dell’esistenza umana, rispettivamente sentenziate dai vagabondaggi di Bobby («Guidò attraverso il Montana nel basso sole d’inverno. Campi di terra arata. Alti silos di grano. Fagiani che attraversavano la strada a testa bassa come malviventi. Lungo i rettilinei di sera poteva scorgere i fari dei camion a chilometri di distanza. L’oscurità delle montagne in lontananza. Alla radio niente se non interferenze») e dalle pungenti risposte che Alice rivolge allo psichiatra («L’inconscio evolve di pari passo con la specie per rispondere ai suoi bisogni e se ha qualcosa di inquietante è che a volte quei bisogni li anticipa. Non può permettersi sorprese. È uno degli aspetti che turbarono Darwin. Ma i medici dell’anima tutto ciò non lo capiscono. Sono cartesiani fino al midollo»).
Più che veri romanzi, Il passeggero e Stella Maris sembrano messaggi dentro la bottiglia per le future generazioni.
15 novembre 2023