Il vescovo Ricciardi agli infermieri: «Guardare al bene dei malati»

La lettera diffusa nella festa di san Camillo de Lellis, patrono degli ammalati. Il “grazie” del vescovo «per la disponibilità quotidiana». L’«impegno prezioso del prendersi cura»

«Pronti a guardare al bene dei malati, sempre. Ad accostarli con amorevolezza e semplicità». È quanto chiede il vescovo Paolo Ricciardi agli infermieri e agli operatori socio-sanitari impegnati in ospedali e case di cura di Roma. In una lettera diffusa il 14 luglio, festa di san Camillo de Lellis, patrono degli ammalati, il presule rivolge innanzitutto il suo «grazie» per il loro lavoro, «per la disponibilità quotidiana, anche nella fatica dei contesti dove lavorate, tra turni, pensieri, preoccupazioni, tensioni, attese, speranze». Realtà che Ricciardi conosce bene, in quanto figlio di un medico di famiglia. E ai medici, 12 aprile, memoria liturgica di san Giuseppe Moscati, aveva indirizzato il suo primo messaggio, dopo la nomina del Papa che risale al novembre scorso. Proprio al ricordo del papà fa riferimento nella lettera diffusa ieri, confessando che quando è stato nominato «vescovo per la pastorale della salute», il primo pensiero è andato al papà Stefano, il quale «amava ripetere che per prendersi cura degli ammalati occorre avere una vocazione particolare».

Girando per gli ospedali, osserva Ricciardi, «vedo che c’è tanta gente che soffre. E tanta gente che si offre». Da qui la gratitudine a tutti coloro che si adoperano per la cura dei malati. Un servizio che lo stesso vescovo ha sperimentato quando gli è capitato di essere ricoverato. «Voi siete lì sempre, depositari della fiducia di tante persone sconosciute», sottolinea il presule. In una società in cui «dilaga l’indifferenza e la mancanza di umanità». Ecco perché è ancora più prezioso l’impegno del “prendersi cura” del malato, in ambienti come gli ospedali o le altre case di cura «dove c’è – scrive Ricciardi – l’anziano che si lamenta, la vecchietta che vi sorride, la donna che confida i suoi problemi familiari, l’uomo con cui commentare le partite dell’ultima giornata o la politica, il ragazzo con cui scherzare, la ragazza che ha un momento di sconforto, i bambini e tutto il mondo che ruota intorno a loro. Spesso per i malati diventate un riferimento molto più grande di quanto pensiate».

Agli infermieri e agli operatori socio-sanitari il vescovo associa un’immagine tratta dal Vangelo: quella delle quattro persone che portano da Gesù un paralitico su un lettuccio in una casa e salgono addirittura sul tetto per calarlo all’interno e poterlo accostare a Gesù. «Quando vi accorgete che il malato ha bisogno di spiritualità – scrive Ricciardi facendo appello non solo ai cristiani ma a tutti coloro che sentono la necessità della riscoperta di una vita interiore – non spegnete quel desiderio ma indirizzatelo a chi in ospedale o nel luogo di cura dove state è incaricato per l’assistenza religiosa dei pazienti». Un appello rivolto con umiltà, ben consapevole che «spesso i problemi di oggi sono altri» e che «gli interessi diventano più importanti delle persone».

La lettera – che nelle prossime settimane sarà consegnata da cappellani, religiose, volontari che operano nei luoghi di cura del territorio diocesano – si conclude con una preghiera e una benedizione: Da Paolo, «vescovo figlio di medico, chiamato ad essere padre per i malati di Roma e per chi se ne prende cura». (A. Z.)

16 luglio 2018