Incendio nel campo profughi di Moria, l’appello all’Europa

A rivolgerlo è la Comunità di Sant’Egidio: «Sarebbe colpevole restare indifferenti». Msf: tragedia annunciata, che si poteva evitare. Sull’isola, 13mila persone

13mila persone in un campo progettato per 3mila. Un corto circuito che diventa un incendio. Due morti: una donna e un bambino. Il campo profughi di Moria, nell’isola di Lesbo, dove domenica 29 settembre è avvenuta una tragedia che si poteva evitare – «una tragedia annunciata», dice Tommaso Santo, capo missione di Medici senza frontiere – interpella oggi l’intera Unione europea : «Sarebbe colpevole restare indifferente». A lanciare l’appello, all’indomani dell’incendio, è la Comunità di Sant’Egidio, che esprime il suo dolore e nello stesso tempo esorta l’Europa ad affrontare «con urgenza» la situazione dei profughi residenti a Lesbo, Samos e nelle altre isole greche. A Lesbo, in particolare, i volontari della Comunità hanno trascorso l’estate, tra le tende e i container dove vivono i profughi, portando avanti attività di sostegno, con corsi di lingua, mense e attività varie, in particolare per i giovani.

La richiesta di Sant’Egidio è di «non dimenticare questo popolo di profughi, composto per lo più da bambini e giovani, fuggiti con le loro famiglie da guerre o situazioni insostenibili»: molti infatti sono afghani e siriani. Ancora, Sant’Egidio chiede che «l’Unione europea si faccia carico di questa situazione inaccettabile e proceda a un rapido ricollocamento delle persone, finora costrette a lunghissime attese per ottenere lo status di rifugiato». Anche perché nel frattempo gli sbarchi continuano incessanti. Secondo i dati Unhcr, sul totale dei 73mila arrivi via mare in Europa, è la penisola ellenica a detenere il record con oltre 41mila sbarchi dall’inizio dell’anno al 23 settembre 2019. Seguono la Spagna con 21.972 e l’Italia con 7.489.

Per il capo missione Msf Tommaso Santo, quella avvenuta a Lesbo è una tragedia annunciata: il «risultato diretto di una politica brutale che lascia intrappolate 13mila persone in un campo costruito per 3mila». E il numero dei migranti «continua a crescere in queste ore. Nelle ultime settimane il governo greco non è riuscito a trasferire le persone in un posto sicuro sulla terraferma. Per questo – aggiunge Santo – non possiamo definire le vittime di ieri come vittime di un incidente. Nel campo le condizioni sono disperate sia per quanto riguarda la sicurezza che per la situazione igienico-sanitaria». Più di 20 le persone assistite dall’equipe medica di Msf in seguito all’incendio, 8 delle quali trasferite nel vicino ospedale. Fornito anche supporto psicologico. Non solo: «Le nostre équipe mediche hanno assistito fino a tarda notte le vittime degli scontri esplosi tra polizia e migranti subito dopo l’incendio», sottolinea Marco Sandrone, capo progetto di Msf a Lesbo, dove l’organizzazione gestisce la clinica pediatrica, oltre ad attività per la salute mentale a Mitilene. Nel campo infatti i bambini sono circa il 40% del totale; circa mille i minori non accompagnati.

«I nostri medici e psicologi – prosegue Sandrone – vedono ogni giorno pazienti che dovrebbero essere evacuati urgentemente, per essere accolti in strutture mediche attrezzate. E invece sono costretti a sopravvivere in condizioni impietose nel campo di Moria, in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, dove le loro condizioni mediche e psicologiche si deteriorano inevitabilmente giorno dopo giorno». Con loro i minori non accompagnati, «che vivono in questa estenuante attesa di conoscere il proprio destino. È chiaro – conclude il capo progetto – come la responsabilità di questa situazione sia di natura politica. Chiediamo l’evacuazione immediata per i più vulnerabili affinché siano trasferiti in strutture adeguate dove possono accedere alle cure mediche di cui hanno bisogno».

1° ottobre 2019