Kenya: a Nairobi è rischio epidemie nelle baraccopoli

Saliti a 198 i morti. Oltre 90 i dispersi. Migliaia gli sfollati in tutta l’Africa Orientale. Colpiti dalle inondazioni Tanzania, Congo, Somalia e Burundi. Soccorsi in difficoltà

Dire che è assurdo è dire poco. Nairobi, la Capitale della solidarietà africana, dove sorgono i più importanti uffici di coordinamento continentale delle Nazioni Unite e principale hub delle organizzazioni umanitarie di mezzo mondo, sia stata letteralmente sommersa dalle acque con il rischio sempre più incombente di epidemie per la stremata popolazione civile, soprattutto nelle 110 bidonville della periferia che raccolgono quasi 3 milioni di abitanti

Da notare che quanto è avvenuto nella Capitale keniana non può essere considerato un fatto isolato. Infatti l’intera Africa Orientale è stata investita in queste settimane da un vero e proprio diluvio universale. L’espressione biblica che troviamo nel libro della Genesi è quella che meglio descrive la drammaticità di una situazione davvero senza precedenti. Stiamo parlando di una macroregione africana sconvolta da inesorabili inondazioni che hanno seminato morte e distruzione: dal Kenya alla Tanzania, dal Burundi al Ruanda, per non parlare della Somalia o del settore orientale della Repubblica democratica del Congo.

Finora sono centinaia le vittime (198 morti e 90 dispersi solo in Kenya) e centinaia di migliaia le persone sfollate dalle zone allagate. Per fare un esempio, soltanto in Burundi gli sfollati sono più di 100mila e oltre 30 le vittime ufficiali. Le tempeste di acqua dal cielo e fango dal basso hanno letteralmente spazzato via interi centri abitati, allagando strade, edifici pubblici e abitazioni private, mentre intere regioni rurali sono isolate dalle frane che hanno provocato crolli d’ogni genere. Le baraccopoli di Nairobi sono letteralmente sommerse dai liquami fuoriusciti dalle tradizionali fogne a cielo aperto. Un pantano che in alcuni punti ha superato il metro di altezza, costringendo la gente a trovare riparo sui tetti in lamiera delle loro già fatiscenti abitazioni.

Il dottor Gianfranco Morino, responsabile dei progetti in Africa della ong World Friends e fondatore del Neema Hospital di Nairobi, ritiene che la situazione sia gravissima, soprattutto dal punto di vista umanitario. Secondo il medico piemontese, originario di Aqui Terme, non ci sono parole in grado di descrivere adeguatamente quanto è avvenuto. « Il rischio più grande che corriamo ora, considerando che le popolazioni residenti nelle baraccopoli nella stragrande maggioranza dei casi hanno perso tutto, è che si scatenino delle epidemie, come il colera e il tifo, soprattutto nei quartieri più poveri della Capitale keniana».

Il segretario generale dell’Onu António Guterres ha espresso la sua « più profonda angoscia nell’apprendere di centinaia di vite perse dalle pesanti inondazioni», precisando che i partner lavorano a stretto contatto con le autorità nazionali per rispondere alle necessità umanitarie. Anche se per il momento di aiuti concreti dall’estero si è visto poco o niente. I meteorologi avevano previsto forti piogge, ma non sono stati in grado di valutarne l’entità. Si tratta di una calamità causata dalla combinazione di due fenomeni meteorologici: El Niño e il Niño indiano, con il risultato che la superficie dell’Oceano Indiano risulta essere più calda del solito, favorendo così l’intensità delle precipitazioni. È evidente che quanto sta avvenendo è legato in gran parte al cosiddetto “Global warming”, il riscaldamento globale che sta avendo un impatto devastante sui cambiamenti climatici, particolarmente in Africa. E dire che questo continente contribuisce solo con il 4-4,5% alle emissioni di gas serra. Purtroppo si tratta di un copione già scritto.

Partendo dal presupposto che occorre rinnovare il sistema finanziario globale per mobilitare in modo più equo le risorse a vantaggio dei Paesi che, eufemisticamente parlando, si trovano nell’occhio del ciclone, il Climate Change Vulnerability Index, pubblicato nel dicembre scorso, mostrava che su 33 regioni nel mondo che presentano un rischio estremo a causa dei cambiamenti climatici, 27 sono in Africa. Spiegava poi che per milioni di africani questa fenomenologia sta avendo un impatto estremamente negativo sulla vita quotidiana, come nel caso dell’accesso all’acqua e la garanzia del cibo, per non parlare del crollo dei redditi e la mancanza in termini generali dei mezzi di sussistenza. (da Avvenire)

3 maggio 2024