Monsignor Feroci e l’arcivescovo Lojudice, i due romani fra i prossimi cardinali

Riceveranno la berretta cardinalizia nel Concistoro del 28 novembre. Don Enrico: «Sono solo la stampella che porta il vestito messo sulle spalle di tutti i sacerdoti di Roma». Lojudice: «Continuerò il mio servizio di prete a servizio della Chiesa»

«Con questa scelta Papa Francesco non ha voluto dare importanza alla mia persona ma attraverso di me ha dato un riconoscimento a tutti i sacerdoti che lavorano nella “sua” Chiesa di Roma». C’è gratitudine e gioia nelle parole di monsignor Enrico Feroci, rettore del seminario diocesano della Madonna del Divino Amore oltre che parroco a Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva, il cui nome è tra i 13 vescovi e sacerdoti che saranno creati cardinali da Papa Bergoglio nel Concistoro del prossimo 28 novembre. Sei gli italiani. Avendo già compiuto 80 anni lo scorso 27 agosto, don Enrico non parteciperà a un futuro Conclave, a differenza di monsignor Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino. Anch’egli a fine novembre riceverà la berretta cardinalizia. La sua incredulità alle parole del Papa è stata accentuata dal fatto che è stato ricevuto in udienza da Bergoglio solo lunedì scorso, 19 ottobre. «Mi ha accolto con la sua solita cordialità e il suo sorriso ma non ha fatto trapelare neanche mezza parola», racconta l’arcivescovo.

feroci ricorda don andrea santoroMonsignor Enrico Feroci è nato il 27 agosto 1940 a Pizzoli (L’Aquila). Ordinato sacerdote il 13 marzo 1965, è stato fino al 1966 assistente al Pontificio Seminario Romano Minore, dal 1966 al 1968 al Maggiore, per poi tornare al Seminario Minore in qualità di vice rettore, carica ricoperta fino 1976. Il suo ministero sacerdotale è proseguito nella parrocchia di San Frumenzio prima come vicario parrocchiale (1976-1980) e poi come parroco, per 24 anni. Il 1° luglio 2004 è stato nominato parroco a Sant’Ippolito e nel 2009 direttore della Caritas diocesana di Roma, che ha guidato fino al 2018.

Nel tardo pomeriggio don Feroci è ancora «frastornato e un po’ incredulo». Confessa che inizialmente ha pensato che i confratelli avessero ordito uno scherzo ai suoi danni. «Ero in sacrestia e mi stavo preparando per celebrare la Messa – racconta -. Intorno alle 12.20 mi ha raggiunto un sacerdote che mi ha fatto i complimenti. Non l’ho minimamente preso sul serio. Poi è arrivata un’altra persona. Ho capito che non si trattava di uno scherzo solo quando mi hanno fatto vedere il video dell’Angelus. Sono rimasto senza parole». A chi gli fa notare che probabilmente l’incarico in Caritas ha orientato la scelta di Bergoglio – il cui pontificato ruota intorno all’attenzione verso i più bisognosi -, Feroci risponde che «in tutte le chiese di Roma si trovano comunità attentissime verso chi ha bisogno di aiuto. Il Papa ha dovuto sceglierne uno che portasse l’emblema. Io sono solo la stampella che porta il vestito messo sulle spalle di tutti i sacerdoti romani». Il suo pensiero va a don Andrea Santoro, il parroco romano fidei donum ucciso in Turchia, il 5 febbraio 2006. Don Enrico e don Andrea si erano conosciuti quando frequentavano il Seminario minore e il loro ultimo incontro risale al 31 gennaio 2006, solo 5 giorni prima dell’omicidio di don Santoro. «Anche lui si sarà fatto un sacco di risate in paradiso», dice.

Monsignor Lojudice è nato a Roma il 1° luglio 1964. Ordinato sacerdote il 6 maggio 1989, fino al 1992 è stato vicario parrocchiale a Santa Maria del Buon Consiglio e poi vice parroco a San Vigilio fino al 1997. Quindi parroco a Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca fino al 2005; direttore spirituale nel Pontificio Seminario Romano Maggiore (2005-2014) e poi parroco a San Luca Evangelista fino al 2015. Il 6 marzo dello stesso anno è stato eletto dal Papa vescovo titolare della Sede Vescovile di Alba Marittima e ausiliare di Roma per il Settore Sud. Il 6 maggio 2019 Bergoglio lo ha nominato arcivescovo di Siena. Lojudice stava seguendo la recita dell’Angelus. «Mi sono dovuto allontanare un attimo dalla televisione quando mi hanno richiamato – ricorda -. Pensavo non avessero sentito bene. Il Papa mi affida una grande responsabilità e spero di essere in grado di rispondere a questa ulteriore chiamata. Continuerò il mio servizio di prete a servizio della Chiesa, con uno sguardo un po’ più alla Chiesa universale. Proseguirò il mio lavoro svolgendo qualsiasi incarico mi affiderà il Papa, che per me costituisce una grande spinta profetica». Tra le prime persone che si sono congratulate con il nuovo cardinale la sua mamma, la quale sperava che indossare l’abito color porpora «significasse tornare a Roma».

Per entrambi i nuovi porporati, la “sfida” di essere creati cardinali all’epoca del Covid-19. Don Feroci prega il Signore che «ci faccia toccare con il cuore la durezza del momento che stiamo vivendo per stare accanto alla sofferenza della gente». Per Lojudice il virus «spinge a pensare a nuove vie di evangelizzazione. Il coronavirus – riflette – non fermerà l’annuncio della Parola di Dio».

26 ottobre 2020