Settimana Santa, chiese aperte alle celebrazioni ma senza fedeli

La nota del Viminale relativa alla possibilità di recarsi a pregare in chiesa. Nei riti che precedono la Pasqua, possibile la presenza, insieme ai celebranti, di diacono, lettore, organista, cantore e operatori per la trasmissione

Le misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da coronavirus «comportano la limitazione di diversi diritti costituzionali, compreso l’esercizio delle attività di culto, ma non prevedono la chiusura delle chiese né vietano le celebrazioni religiose. Tuttavia, le cerimonie devono svolgersi con la presenza dei soli celebranti e degli accoliti necessari per il rit o, senza la partecipazione dei fedeli, proprio per impedire raggruppamenti che potrebbero diventare potenziali occasioni di contagio». Inizia con questa precisazione di fondo la nota diffusa dalla direzione centrali degli Affari dei culti del ministero dell’Interno. L’obiettivo: «Dare uniformità all’azione di quanti devono controllare gli spostamenti dei cittadini», in questo periodo di restrizioni alla libertà di movimento per ragioni sanitarie.

Si tratta di chiarimenti forniti «alle autorità ecclesiastiche» dal dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, che arrivano dopo l’interlocuzione tra la segreteria generale della Cei, la presidenza del Consiglio e lo stesso ministero dell’Interno, al quale proprio la segreteria Cei aveva a più riprese rappresentato la posizione della Chiesa e il disagio di molti fedeli, che si sono visti limitare la possibilità di recarsi a pregare in chiesa. Per limitare gli spostamenti dalla propria abitazione, si legge dunque nel testo, «è necessario che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da “comprovate esigenze lavorative” o per “situazioni di necessità”, che la chiesa sia situata lungo il percorso e che, in caso di controllo da parte delle forze di polizia, possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi».

Per quanto riguarda i riti della Settimana Santa, si specifica che il numero dei partecipanti sarà limitato ai «celebranti, al diacono, al lettore, all’organista, al cantore e agli operatori per la trasmissione». Tutti costoro, precisano dal Viminale, «avranno un giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso dagli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’epidemia da Covid-19». Sebbene il servizio liturgico non sia direttamente assimilabile a un rapporto di impiego, è la precisazione, «tale giustificazione è ritenuta valida». L’autocertificazione dovrà quindi contenere «il giorno e l’ora della celebrazione, oltre che l’indirizzo della chiesa ove la celebrazione si svolge».

Quanto ai matrimoni in chiesa, dal ministero dell’Interno chiariscono che «non sono vietati in sé. Ove il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni – e siano rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti – esso non è da ritenersi tra le fattispecie inibite dall’emanazione delle norme in materia di contenimento dell’attuale diffusione epidemica di Covid-19».

30 marzo 2020