“Uno come noi”, i Nomadi e il ragazzo di piazza Tienanmen

Trent’anni fa la rivolta a Pechino. La canzone dedicata a quel ragazzo, rimasto nella storia, che fermò un carro armato

Nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 i carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese assassinarono nella piazza Tienanmen di Pechino centinaia di persone, ponendo fine alle proteste degli studenti che reclamavano la democrazia. La protesta nella piazza della capitale cinese era iniziata un mese e mezzo prima. Era l’anno del crollo di tanti regimi comunisti in Europa, l’anno della caduta del Muro di Berlino.

A maggio più di un milione di persone aveva riempito la piazza, la stessa in cui quarant’anni prima Mao Zedong aveva dichiarato la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Arrivò la legge marziale, la repressione, l’ordine di Deng Xiaoping di fare fuoco. Bilancio ufficiale: 319 vittime. Molte di più secondo la Croce Rossa, le organizzazioni internazionali, i media stranieri e i testimoni. C’è chi ha parlato di dodicimila morti.

Un’immagine su tutte rimase nella memoria collettiva: quella di un ragazzo, uno studente – passato alla storia come il Rivoltoso sconosciuto – che ferma i carri armati. Solo, inerme, si frappone alla colonna dei blindati. Una fotografia di quelle destinate a sfidare il tempo.

A questo ragazzo, al suo gesto, due anni dopo i Nomadi dedicarono una canzone. Il gruppo emiliano, sempre sensibile – nella sua storia ormai ultracinquantennale, pur con i diversi innesti e uscite che l’hanno caratterizzato – a ciò che accade vicino a noi e lontano da noi, alle sofferenze del mondo, alla vita e al futuro dei giovani, lanciarono “Uno come noi”.

«Con il tuo esile corpo hai fermato un carro armato, / bastava un ordine e saresti stato schiacciato. / Ma per un momento è stato come se tutto il mondo / fosse fermo lì davanti a te, a un piccolo uomo / a un grande uomo, a uno come noi».

Era il 1991, un anno prima della prematura scomparsa di Augusto Daolio, il leader del gruppo, che ancora oggi i fan – e non solo loro – ricordano per la sua voce e per il suo carisma. La canzone fu inserita nell’album “Gente come noi”, che conteneva tra l’altro anche “Ricordati di Chico”, dedicata al sindacalista brasiliano Chico Mendes, difensore dell’Amazzonia, ucciso tre anni prima.

Oggi i carri armati a Pechino in piazza non ci sono più, il benessere cresce, ma i fatti di Tienanmen sono ancora considerati “disordini politici” da chi guida il Paese (che contesta la parola “repressione” per l’intervento del 1989) e notizie inquietanti non lasciano ben sperare. Da tre mesi non c’è più traccia di Li Zhi, musicista rock cinese che aveva cantato proprio Tienanmen. Tour cancellato, account social chiusi, scomparsa la presenza nel web.

In Cina serve ancora coraggio. Il pensiero va a chi ha pagato con la vita il suo impegno e la sua battaglia per la democrazia e a chi ancora oggi spera che un giorno, oltre al benessere economico e al Pil che supera il 6 per cento, anche le libertà fondamentali possano essere garantite. «Sto pensando a tutti quelli che hanno pagato nel silenzio e nel dolore – cantano i Nomadi – , perché il carro armato non s’è fermato, niente ha risparmiato. / Ti voglio dire che né politica, né religione, danno il diritto di troncare la vita di un uomo. / Che sogna solo una casa una donna un lavoro, / di essere libero e un poco felice in un mondo migliore / fatto di gente, gente come noi».

4 giugno 2019