«Che l’Italia, Paese sempre più vecchio e senza figli, venga ripresa dall’Europa perché non agevola abbastanza l’aborto mi sembra quanto meno anacronistico». Il responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII Giovanni Ramonda commenta così l’accusa rivolta all’Italia dal Comitato europeo dei diritti sociali di aver violato l’applicazione della legge 194, non garantendo sufficientemente il ricorso all’aborto e discriminando i medici obiettori. Per Ramonda, «colpisce il fatto che a sollevare la questione sia stata la Cgil: sono coscienti al sindacato che se non si riprende a mettere al mondo figli tra un po’ crollerà tutto il sistema previdenziale e di tutela dei lavoratori che i nostri padri hanno messo in piedi con grandi sacrifici?».

La questione vera, prosegue il responsabile della Giovanni XXIII, non è aumentare gli aborti ma «rimuovere le cause che ancora oggi inducono a sopprimere 100mila bambini mentre sono ancora nel ventre materno». E cita l’esperienza di aiuto alle mamme in difficoltà della Comunità fondata da don Oreste Benzi. «Spesso – osserva – il ricorso all’aborto è legato a storie di emarginazione, di povertà, di pressioni nei confronti delle donne da parte di familiari e a volte anche del datore di lavoro. È su questo che dovremmo concentrarci, per trovare strumenti davvero efficaci che garantiscano a tutti il primo diritto umano, che è quello di nascere». Di qui la proposta: «In questo Anno della misericordia, sarebbe bello scegliere tutti insieme una moratoria sull’aborto: salveremmo in un anno 100mila bambini».

Da don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, arriva invece l’invito ad «analizzare le questioni evitando qualsiasi tipo di ideologizzazione» e salvaguardando «il diritto costituzionalmente garantito di obiezione di coscienza». Il sacerdote parte dai dati diffusi dal ministero della Salute: dal 1983 al 2014 le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite da 233.966 a 97.535. «Più che dimezzate». Tra i tanti motivi di questo calo, osserva, anche la diffusione della contraccezione. A questa diminuzione però «non corrisponde quella dei medici non obiettori: nel 1983 erano 1.607 contro i 1.490 del 2013, ultimi dati disponibili. Mi sembra un po’ ardito – commenta – affermare che questi medici non riuscirebbero a far fronte alle domande di interruzione volontaria della gravidanza».

Attenzione dunque, invita don Arice, alle «letture ideologiche su temi sensibili che meriterebbero ben altri approcci e nei quali la posta in gioco è il tema della vita e la salute della donna nella sua integralità con le ferite che questi interventi comportano». Al ministro Lorenzin la responasbilità di «garantire la possibilità di interruzione di gravidanza in ogni regione ma sulla base di una lettura oggettiva dei dati».

13 aprile 2016