Caporalato, cresce il numero delle vittime: sono 430 mila

Rapporto Agromafie. Sono italiani e stranieri, sottopagati, lavorano in 80 diversi distretti agricoli da Nord a Sud dello stivale

Rapporto Agromafie. Sono italiani e stranieri, lavorano in 80 diversi distretti agricoli da Nord a Sud con un salario inferiore alla metà del previsto

Cresce il numero delle vittime del caporalato in Italia: sono 430 mila, indistintamente italiani e stranieri, e più di 100 mila lavoratori in condizione di grave sfruttamento e vulnerabilità alloggiativa. È quanto afferma il terzo rapporto “Agromafie e caporalato” realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil presentato oggi a Roma. Le vittime del caporalato sono così cresciute tra le 30 e 50 mila unità rispetto alla rilevazione precedente contenuta nel secondo rapporto pubblicato nel 2014, mettendo in evidenza un fenomeno sempre più preoccupante che riguarda ben 80 diversi distretti agricoli, dal Nord al Sud. Un «vero e proprio terreno di conquista per la criminalità mafiosa e non», spiega il rapporto, con uno sfruttamento che spesso «viaggia di pari passo con il fenomeno della tratta degli esseri umani». Un fenomeno che per le organizzazioni mafiose e criminali rappresenta un ulteriore fonte di economia illegale che per tutta la filiera agroalimentare è stimata tra i 14 e i 17 miliardi.

Le pratiche di sfruttamento sono sempre le stesse, spiega il rapporto, nonostante il caporalato viva una «trasformazione in linea con la metamorfosi del mercato del lavoro sempre più flessibile e precario». Mancata applicazione dei contratti, un salario tra i 22 e i 30 euro al giorno, inferiore del 50 per cento di quanto previsto dai contratti nazionali, orari di lavoro che arrivano a 12 ore, lavoro a cottimo, «fino ad alcune pratiche criminali quali la violenza, il ricatto, la sottrazione dei documenti – denuncia l’Osservatorio -, l’imposizione di un alloggio e forniture di beni di prima necessità, oltre all’imposizione del trasporto effettuato dai caporali stessi».

Non mancano i controlli da parte delle autorità che rispetto al precedente rapporto sono cresciuti. Tuttavia, dal rapporto «emerge un quadro di forte vulnerabilità dei soggetti che andrebbe contrastato con maggiore incisività». Le ispezioni sono cresciute del 59 per cento nell’ultimo anno, spiega lo studio, ma gli esiti sono «inquietanti». Più del 56 per cento dei lavoratori trovati nelle aziende agricole sono parzialmente o totalmente irregolari, spiega il rapporto. Oltre 8,8mila le aziende ispezionate in cui sono stati trovati 6.153 lavoratori irregolari, di cui 3.629 totalmente in nero.

Sono 713, invece, i fenomeni di caporalato registrati dalle autorità ispettive. Un fenomeno che tuttavia non è presente solo in Italia. Secondo il rapporto «solo in Europa sono 880 mila lavoratori e lavoratrici di ogni nazionalità sotto il ricatto del lavoro forzato anche a causa delle normative europee (e mondiali) che hanno liberalizzato il mercato del lavoro con un conseguente abbassamento del controllo di legalità – spiega lo studio -. Dato che si aggiunge invece alla specificità espressa dal settore agricolo che vede circa 3,5 milioni di lavoratori al mondo ridotti in schiavitù per 9 miliardi di profitti stimati».

Per Ivana Galli, segretario generale della Flai Cgil nazionale, contro il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato sono stati fatti passi in avanti dall’istituzione della Rete per il lavoro agricolo di qualità al ddl governativo 2217 riportante «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura», tuttavia «mancano ancora dei pezzi importanti e rimangono delle criticità – spiega -. Il ddl 2217, al momento, non è stato ancora calendarizzato in aula e comunque crediamo che il testo definitivo debba prevedere quale requisito per le aziende che si iscrivono alla Rete lo stare in regola con l’applicazione del Ccnl e dei Cpl; piani per l’accoglienza dei lavoratori stagionali; confisca di quanto ottenuto attraverso sfruttamento e lavoro nero».

La stessa Rete voluta dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, lamenta Galli, inoltre «non ha ancora un numero di aderenti congruo al numero di aziende e cooperative agricole presenti nel nostro Paese. Tali ritardi ci allarmano non poco, infatti si corre il rischio di cominciare la nuova stagione di raccolta con le stesse “regole” del 2015 e che, nonostante denunce e l’azione della Flai, anche questa campagna possa essere caratterizzata da sfruttamento ed illegalità che si consumano sulla pelle di lavoratori e lavoratrici».

 

13 maggio 2016