Dalla Cei un vademecum per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati

Offerto a diocesi e parrocchie uno strumento concreto rispondere al dramma di chi fugge dalla propria terra, con «un supplemento di umanità»

Offerto a diocesi e parrocchie uno strumento concreto per aiutare a rispondere al dramma di chi fugge dalla propria terra, con «un supplemento di umanità»

Allargare la rete dell’accoglienza, segno di una Chiesa che «cammina con le persone». Nasce con questo obiettivo il Vademecum pubblicato dalla Conferenza episcopale italiana come risultato del Consiglio episcopale permanente svoltosi dal 30 settembre al 2 ottobre a Firenze. A fare da “motore”, l’apello lanciato da Francesco all’inizio di settembre ad aprire le porte di chiese, santuari e comunità religiose per rispondere al dramma dei profughi e dei richiedenti asilo. Appello che la Cei, si legge nel testo, «ha subito accolto con gratitudine», rinnovando la disponibilità a «curare le ferite di chi è in fuga con la solidarietà e l’attenzione», e riscoprendo, ormai alla vigilia del Giubileo straordinario indetto dal pontefice, «la forza liberante delle opere di misericordia corporale e spirituale».

Le parole di Francesco, scrivono i vescovi, hanno trovato già le nostre Chiese «in prima fila nel servizio, nella tutela, nell’accompagnamento dei richiedenti asilo e dei rifugiati». Basti pensare che su circa 95mila migranti ospitati nei diversi Centri di accoglienza ordinari (Cara) e straordinari (Cas), nonché nel Sistema nazionale di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati (Spaar), diocesi e parrocchie, famiglie e comunità religiose, accolgono in circa 1.600 strutture oltre 22mila persone. L’obiettivo del Vademecum è allora «aiutare a individuare forme e modalità per ampliare la rete ecclesiale dell’accoglienza a favore delle persone richiedenti asilo e rifugiate che giungono nel nostro Paese, nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le istituzioni». Un gesto «concreto e gratuito, che si affianca ai molti altri a favore dei poveri presenti nelle nostre Chiese: un supplemento di umanità, anche per vincere la paura e i pregiudizi».

La prospettiva offerta è a 360 gradi. Si comincia dalla preparazione della comunità all’accoglienza, sul duplice piano dell’informazione e della formazione, per continuare poi con un approfondimento sul “dove” e sul “chi” accogliere, differenziando tra famiglie, adulti e minori non accompagnati. Il documento dei vescovi prende in considerazione anche gli aspetti legali, auspicando che in ogni diocesi «si individui l’ente capofila dell’accoglienza che abbia le caratteristiche per essere accreditato presso la Prefettura e partecipi ai bandi»: una fondazione di carità, una cooperativa di servizi «o comunque un braccio operativo della Caritas diocesana o della Migrantes diocesana e non direttamente queste realtà pastorali». Oppure «un istituto religioso o un’associazione o cooperativa sociale d’ispirazione cristiana». La parrocchia diventa così «una delle sedi e dei luoghi distribuiti sul territorio che cura l’ospitalità, aiutando a costruire attorno al piccolo gruppo di migranti o alla famiglia una rete di vicinanza e di solidarietà che si allarga anche alle realtà del territorio».

L’accoglienza però, avvertono i vescovi,«non può far dimenticare le cause del cammino e della fuga dei migranti che arrivano nelle nostre comunità: dalla guerra alla fame, dai disastri ambientali alle persecuzioni religiose». E ricordano il diritto primario dell’uomo, riconosciuto dal magistero sociale della Chiesa, a «vivere nella propria patria». Di qui l’impegno a «valorizzare le esperienze di cooperazione internazionale e di cooperazione missionaria», attraverso le proposte di Caritas Italiana e di Missio, della Focsiv e della rete dei missionari presenti nelle diverse nazioni di provenienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. «Nell’anno giubilare – si legge nel testo – le Chiese in Italia si impegneranno a sostenere 1000 microrealizzazioni nei Paesi di provenienza dei migranti in fuga da guerre, fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche e religiose».

Istituito intanto presso la Segreteria generale della Cei un tavolo di monitoraggio dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati a cui partecipano Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Missio, Usmi, Cism, Movimento per la Vita, Centro Astalli, Associazione Papa Giovanni XXIII, Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, Ufficio Nazionale per i problemi giuridici, Ufficio Nazionale per apostolato del mare e Osservatorio Giuridico Legislativo della Cei. A livello nazionale, l’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali predisporrà strumenti di raccolta dati e di esperienze, con l’obiettivo di mettere in comune il cammino e le esperienze delle singole diocesi. Prevista anche la possibilità di valutare da parte della Conferenza dei vescovi «se e come assegnare un eventuale contributo alle diocesi, particolarmente bisognose, che hanno dovuto adeguare alcuni ambienti per renderli funzionali e idonei all’accoglienza».

Il testo del Vademecum è disponibile sul sito della Cei.

13 ottobre 2015