Per sant’Antonio abate, una stalla vicino a San Pietro

L’iniziativa promossa da Associazione italiana allevatori e Coldiretti per la giornata del patrono degli animali. Il dossier Sos Fattoria Italia

L’iniziativa promossa da Associazione italiana allevatori e Coldiretti per la giornata del patrono degli animali. La Messa con il cardinale Comastri e il dossier Sos Fattoria Italia

La mucca pezzata rossa, la maestosa piemontese, l’asino ragusano. E ancora, il cavallo italiano da tiro, le storiche pecore di razza sopravissana originaria delle aree del terremoto, i maiali di cinta senese dalle bande nere e molto altro ancora. Le zone intorno a piazza San Pietro si sono trasformate questa mattina, martedì 17 gennaio, in una vera e propria “stalla” a cielo apert. Nella giornata dedicata a sant’Antonio abate, patrono degli animali, infatti, gli allevatori e le loro famiglie, insieme con i propri animali, si sono dati appuntamento di fronte al colonnato del Bernini; una delegazione poi ha preso parte alla Messa presieduta dal cardinale Angelo Comastri nella basilica vaticana.

A promuovere l’iniziativa, l’Associazione italiana allevatori (Aia) e Coldiretti, rappresentati in piazza dai due presidenti Roberto Nocentini e Roberto Moncalvo, da cui è arrivato anche il dossier Sos Fattoria Italia. Obiettivo puntato, nel documento presentato questa mattina, sul rischio estinzione per alcune razze storiche, dovuto allo spopolamento di alcune aree interne e montane e alal crescente dipendenza dall’estero per carne, salumi, latte formaggi. Negli ultimi 10 anni, avvertono da Coldiretti, sono scomparsi 2 milioni di animali dalle fattorie italiane; al contrario, le importazioni sono vicine al 40%, mettendo in discussione il primato dell’enogastronomia Made in Italy. «Quando una stalla chiude  – ha spiegato Moncalvo – si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni». Proprio per quesot, «in pericolo c’è un patrimonio culturale, ambientale ed economico del Paese».

Restano allevati nella Fattoria Italia, secondo i dati di Coldiretti, 49 milioni di galline per le uova, 8,7 milioni di maiali, 6,2 milioni di pecore, 6 milioni di conigli, 6,1 milioni di bovini, 750 mila capre, 344 mila bufale, 385 mila cavalli e 59 mila asini. Unico numero, quest’ultimo, più che quadruplicato negli ultimi 10 anni: un «segnale di riscossa per l’allevamento». Da considerarsi invece minacciate di estinzione ben 130 razze allevate, tra le quali 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di sviluppo rurale della precedente programmazione. «Dalla capra Girgentana dalle lunghe corna a forma di cavaturacciolo – proseguono da Coldiretti – alla gallina di Polverara ritratta con il caratteristico ciuffo fin dal 1400 in quadri e opere conservati anche nei Musei vaticani, dalla Mora romagnola, una curiosa razza di maiale dal mantello nerastro con tinte dell’addome più chiare, ai bovini di razza Garfagnina con mantello brinato e pelle di colore ardesia».

L’enogastronomia italiana, evidenziano dall’associazione dei coltivatori, «può contare sul primato mondiale con 49 formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) riconosciuti dall’Unione Europea». Anche qui però sono a rischio «prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma, per un totale di 41 salumi Made in Italy tutelati in Europa». Sotto accusa è «la normativa che consente di spacciare come Made in Italy prodotti importati dall’estero per la mancanza di norme chiare e trasparenti sull’etichettatura di origine». Una svolta è attesa nel 2017 con l’entrata in vigore delle legge che obbliga a indicare in etichetta la provenienza del latte. «Mucche, pecore e capre che potranno finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, burro, formaggi e yogurt, garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa».

17 gennaio 2017