Aumentano gli italiani in «grave deprivazione materiale e sociale»

I dati Istat: nel 2023 il 18,9% dei residenti – oltre 11 milioni – a rischio di povertà avendo avuto, nell’anno precedente un reddito netto inferiore al 60% di quello mediano

Cala, in Italia, il valore della popolazione a rischio povertà o esclusione sociale: i dati Istat parlano di un 22,8 per cento nel 2023, a fronte del 24,4 per cento del 2022. Aumentano però gli italiani in condizioni di «grave deprivazione materiale e sociale»: nel 2023 il 18,9% dei residenti – oltre 11 milioni – risulta a rischio di povertà avendo avuto, nell’anno precedente l’indagine, un reddito netto inferiore al 60% di quello mediano, pari a 11.891 euro.

Nell’analisi offerta dall’Istat, al calo dell’incidenza di persone a rischio di povertà rispetto al dato dell’anno precedente (20,1%) ha contribuito «l’insieme delle misure di sostegno alle famiglie, quali l’Assegno unico universale per i figli, i bonus una tantum per contrastare l’aumento nei costi dell’energia e le modifiche intervenute nella tassazione». Riguardo all’Assegno unico, l’Istituto di statistica rileva un impatto generale positivo, con l’85,3% delle famiglie che ha registrato un aumento medio mensile di 170 euro, a fronte del quale il 9,6% delle famiglie ha subito invece una perdita economica nel passaggio dai vecchi assegni familiari alla nuova misura. Nessuna variazione sostanziale per il 5,1% dei nuclei.

Ancora, «il 4,7% della popolazione (circa 2 milioni e 788mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale – si legge nel rapporto Istat -, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei 13 individuati dal nuovo indicatore Europa 2030». Rispetto al 2022, è un aumento del 4,5%, registrato in particolare al Centro e al Sud e nelle Isole. Peraltro, «l’aumento dell’occupazione nel 2022 ha portato a una decisa contrazione rispetto all’anno precedente della quota di individui (8,9 per cento da 9,8 per cento) che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con componenti tra i 18 e i 64 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo» potenzialmente disponibile.

Tornando al dato della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, dall’Istat sottolineano che la riduzione rispetto al 2022 è la sintesi della riduzione della popolazione a rischio di povertà (-6% rispetto al 2022), dovuto alla crescita dei redditi nominali e soprattutto della diminuzione della popolazione in condizione di bassa intensità di lavoro (-9,2%), con un aumento tuttavia della quota di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (+4,4%). Un campanello d’allarme, insomma. Tanto più che i redditi risultano cresciuti a causa dell’inflazione, mentre in termini reali sono diminuiti, e sull’aumento dell’occupazione pesa l’ombra del “lavoro povero”.

Netto il commento di Assoutenti, che parla di dati «ancora drammatici e indegni di un Paese che si definisce civile». Per il presidente Gabriele Melluso «i numeri dimostrano come la povertà sia a tutti gli effetti un’emergenza nazionale, con la condizione economica delle famiglie aggravata dalla sensibile crescita dei prezzi al dettaglio registrata negli ultimi due anni». Di qui l’esortazione al governo ad «attuare subito misure strutturali in grado di sostenere l’intera platea delle famiglie e non solo i percettori di assegni e bonus spot, a partire da interventi per calmierare i listini al dettaglio e tutelare il potere d’acquisto dei cittadini».

8 maggio 2024