De Donatis al Mac: «Convertire sguardo, labbra e cuore»

L’arcivescovo vicario ha celebrato la Messa in occasione del Congresso nazionale del Movimento apostolico ciechi. L’invito a «possedere labbra che benedicono e lodano, non che mormorano»

Un invito a convertire lo sguardo, le labbra e il cuore: questo il fulcro dell’omelia che monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha tenuto sabato 23 settembre in occasione del XVII Congresso nazionale del Movimento Apostolico Ciechi che si è svolto dal 21 al 24 presso Casa San Juan de Avila, in via Pietro De Francisci.

«Dallo sguardo invidioso dei lavoratori dell’ultima ora – ha detto De Donatis riferendosi al Vangelo del giorno – dobbiamo giungere ad un’altra angolatura: quella della bontà misericordiosa di Dio»; poi, citando Antoine de Saint-Exupéry ha ricordato le famose parole del Piccolo Principe: «Non si vede bene che con gli occhi del cuore». Ancora, l’auspicio di arrivare a possedere «labbra che benedicono e lodano, non che mormorano», così come diverso e nuovo deve essere il cuore: «non servile e animato da logiche mercantili ma di figlio che si sente amato dal Padre».

Convertire sguardo, labbra e cuore,
convertire la propria vita, quindi, «significa “andare oltre” – ha spiegato ancora De Donatis -: Dio ci prende lì dove siamo, nelle nostre vie e ci conduce altrove, sulle sue vie, quelle fatte di gioia autentica». Il presule ha di seguito illustrato «il mistero della prossimità di Dio: è chi è stato scartato da altri che viene scelto – ha affermato -: al Padre interessano coloro che ancora nessuno ha chiamato a lavorare nella vigna» perchè «non è a motivo della pigrizia che si sono tenuti lontani dal lavoro ma perchè nessuno ha pronunciato il loro nome».

Dio, allora, è il Padre che «ha a cuore anche un’ora sola di prestazione lavorativa», che rivela «la sua vicinanza» da cogliere alla luce «delle parole meravigliose di Isaia: le sue vie non sono le nostre vie», a dire che «Egli è al tempo stesso vicino e lontano, prossimo e trascendente e ci parla del suo Regno in questa, come in ogni parabola, a partire sì dal quotidiano, ma per condurci altrove». Infine, la consegna di un impegno per ognuno: «Proviamo ad indentificarci con gli operai dell’ultima ora – ha detto monsignor De Donatis – e avremo così modo di sperimentare la bontà gratuita di Dio che non ci dà soltanto la giusta ricompensa ma molto, molto di più».

de donatis messa mac 2017Le parole dell’arcivescovo sono state accolte con gioia e senso di responsabilità da don Alfonso Giorgio, assistente ecclesiastico nazionale del Mac che a nome dei tanti soci presenti ha voluto ringraziare De Donatis «per avere accolto il nostro invito in occasione dell’inizio del nuovo quadriennio di lavoro che – ha spiegato – ci condurrà nel 90mo anno del nostro operato».

Il Mac, associazione di fedeli laici – ciechi
e vedenti – per il servizio all’uomo, alle persone associate, alle comunità ecclesiali e alle comunità civili nacque, infatti, nel 1928 ad opera di Maria Motta: non vedente, insegnante all’Istituto dei Ciechi di Milano, avvertì l’esigenza di superare la situazione di emarginazione dei non vedenti e di promuoverne la partecipazione attiva alla vita della Chiesa.

«Da allora molto è stato fatto – ha illustrato il presidente nazionale uscente Francesco Scelzo – anche con un’apertura al mondo. In particolare, abbiamo a cuore due progetti, uno in Etiopia, l’altro in Congo: qui provvediamo alla formazione di oculisti, là sosteniamo finanziariamente una scuola per bambini non vedenti». E che oggi una delle insegnanti sia un’ex alunna permette di vedere germogliare i frutti dei semi lasciati cadere dalla fondatrice.

25 settembre 2017