La preghiera come «sorriso» nei versi di Perilli

Nell’ultimo libro del poeta romano un flusso lirico di molteplici occasioni storico-autobiografiche, dalle Twin Towers fino ai drammi dei migranti

È un flusso lirico ininterrotto di molteplici occasioni storico-autobiografiche, schegge opache e luminose che si raggrumano e compongono in un tutto unico, sebbene restino scandite in due parti essenziali, come scogliere del tempo, quello composto da Plinio Perilli (Roma, 1955), uno fra i poeti italiani contemporanei più estrosi e originali, nell’ultimo libro appena uscito, Museo dell’uomo (Zona, pp. 271, 21 euro, con una nota di Giulio Ferroni). Questa raccolta di poesie e poemetti, che si snoda in un lungo arco cronologico, 1994-2020, inizia dai primordi dell’Adamo disteso scolpito in oro da Giacomo Manzù («Uomo non sono eppure già lo sembro, / chiedo alla terra un corpo rivelato…») e termina sotto l’albero di ulivo («grembo e pensatoio »), là dove «la preghiera è un sorriso, dirsi noi siamo, / sono anch’io parte della gioia, la grande / e intricata gioia del Mondo… »).

Come stazioni di un viaggio al tempo stesso individuale e fraterno compaiono emblemi di cronaca grande e piccola, fra Auschwitz ’95, nella memoria di un pellegrinaggio realizzato insieme al sottoscritto con un terzo compagno, Eusebio Ciccotti, la tragedia delle Twin Towers, in una deflagrazione del moderno («Sto sognando Kafka, / Andy Warhol che fotografa Bacon, filmati / da Buñuel!…»), il massacro del Circeo, dedicato a Donatella Colasanti («Lei sì che c’è, e resta, e vige qui, / fra noi, per sempre…»), i drammi dei migranti («Anfibi per destino, approdo epocale: / essere accolti, non solo salvati e poi / respinti…»), il terremoto abruzzese («Perfino i duri merli di pietra lassù in alto, / di colpo si spostarono…») e quello di Haiti («Soccorretemi, diavoli, angeli caduti, eroi sconosciuti!… »), il crollo del Ponte Morandi a Genova con strofe dedicate ai nove pilastri («Nacque novissimo, ma invecchiò presto, / come saghe romanzesche dell’infanzia… »), e speciali medaglioni per l’onore dei poeti conosciuti e appena trascorsi, Dario Bellezza, Valentino Zeichen, Elio Pagliarani, Amelia Rosselli…

Siamo di fronte a un magma incandescente di “Storia, Natura, Società Civile, Ansie pubbliche o private”, secondo l’immagine usata dallo stesso autore nella nota finale. Restano negli occhi, in particolare, i versi rivolti al padre, Ivo Perilli, grande sceneggiatore, regista e scenografo («Felice d’ogni mia / gioia, però m’impediresti il soffrirne – questa spina lieta»), idealmente alla madre, l’attrice Lia Corelli («cerca l’ago e trova la luce…»), e alla compagna Nina nel momento più doloroso («Ed io, che /d’elegia evocavo muse e dèe, oggi / amo una ET. Quest’orbita ci unisce»). Una sinfonia tassonomica di lettere maiuscole e punti esclamativi, nel riverbero antico delle Ragazze italiane, l’importante raccolta lirica targata 1990, per sillabare il nostro sentimento romantico più autentico, come quando, giovane recluta in gita, il poeta baciava la statua di Ilaria del Carretto a Lucca.

29 dicembre 2020