Uomini di Chiesa e luoghi di culto sempre più bersagli della violenza di regime in Nicaragua. Nell’ultimo fine settimana, dopo le manifestazioni pacifiche e lo sciopero che giovedì e venerdì hanno confermato il forte appoggio popolare di cui godono i manifestanti, soprattutto studenti, che protestano ormai da tre mesi contro il governo presieduto da Daniel Ortega, è salita di tono la repressione operata dalle forze paramilitari filogovernative. Oltre 350 le vittime, finora. E i vescovi scendono in prima linea accanto al popolo.

Tra gli ultimi episodi, quello del 15 luglio, quando forze speciali di polizia hanno bloccato e sparato alcuni colpi contro l’automobile dove viaggiava il vescovo di Estelí Abelardo Mata, segretario generale della Conferenza episcopale nicaraguense. Mata si trovava nella località di Nindirí, diretto a Masaya, dove volava portare conforto alla popolazione di nuovo attaccata dalle forze speciali. Secondo alcune prime ricostruzioni, i vetri della sua auto sono stati crivellati di colpi. Il presule non ha comunque riportato ferite. Nella stessa giornata attimi di paura anche nella parrocchia di Catarina, a Managua. Un comunicato dell’arcidiocesi denuncia che alcuni paramilitari sono entrati in canonica, dove hanno portato via oggetti appartenenti alla parrocchia e al parroco, padre Jairo Velasquez. Il sacerdote è stato minacciato, ma contrariamente a quanto sembrava in un primo tempo, non è stato portato via dalle forze speciali. Nel comunicato l’arcivescovo di Managua, il cardinale Leopoldo Brenes, reitera l’invito «a cessare gli attacchi contro la popolazione e a rispettare le chiese e gli ambienti parrocchiali, oltre agli articoli personali dei sacerdoti che si usano nelle attività umanitarie».

Tra venerdì 13 e sabato 14 luglio attaccato dai paramilitari anche il quartier generale degli studenti della Unan, l’Università nazionale autonoma del Nicaragua. Due le vittime. Circa 100 giovani hanno cercato rifugio nella vicina chiesa della Divina Misericordia, che è stata crivellata di colpi e assediata dalle forze paramilitari. I manifestanti, bloccati per dodici ore, compresi i feriti, dentro alla chiesa, sono stati salvati dall’intervento del cardinale Leopoldo Brenes e del nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag, che dopo una lunga mediazione si sono recati personalmente nella chiesa assieme ai rappresentanti dell’Onu e della Corte interamericana per i diritti umani (Cidh).

«Il popolo nicaraguense non perde la speranza, però la situazione è molto tesa e bisogna che il mondo conosca questa triste realtà che sta vivendo in questo momento il nostro popolo». A parlare, da uno degli epicentri della protesta popolare di questi mesi, la città di Masaya, è il salesiano padre José Bosco Alfaro Salazar, direttore del locale collegio salesiano Don Bosco. «Anche negli ultimi giorni il popolo ha manifestato pubblicamente, con grandi marce di protesta che si sono svolte a Managua, e con due scioperi nazionali durati un giorno intero come forma di pressione per chiedere che il presidente Ortega e la vicepresidente, la moglie Rosario Murillo, considerati ormai dei dittatori, lascino il potere». Inoltre, con l’aggressione ai vescovi e con i recenti attacchi a varie chiese, «il governo di Daniel Ortega ha lanciato una forte e chiara minaccia alla Chiesa cattolica. Usando tutti i mezzi, vogliono che la popolazione creda che è proprio la Chiesa a promuovere la violenza. Da parte loro, i vescovi confermano ogni giorno il loro impegno a fianco della popolazione, continuando a credere nel dialogo, come ha chiesto loro papa Francesco. Gli attacchi non hanno spento la loro autorità di pastori con l’odore delle pecore».

17 luglio 2018