Galantino in Giordania, per «ribadire la vicinanza della Chiesa italiana»

Dall’11 al 15 ottobre la visita del segretario generale della Cei. Nel campo profughi di Zaatari, sotto la bandiera Onu: «La crisi è ancora lunga»

Dall’11 al 15 ottobre la visita del segretario generale della Cei, tra i profughi e i rifugiati. A Zaatari, sotto la bandiera delle Nazioni Unite: «La crisi è ancora lunga»

Una vicinanza concreta, «fatta di preghiera e di gesti solidali». È partito per la Giordania martedì 11 ottobre monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, per una visita di 5 giorni che comprende i campi profughi e le strutture di accoglienza. Visita «finalizzata essenzialmente a ribadire la vicinanza della Chiesa italiana a quanti fuggono dalla violenza della guerra e della persecuzione». A fianco alla Chiesa locale, e in particolare alla Caritas, il segretario Cei ha portato i segni tangibili di questa vicinanza, «fatta di pregheira e di gesti solidali».

Un esempio concreto: grazie ai fondi dell’8xmille, ha riferito Galantino, «come Chiesa italiana abbiamo assicurato a 1.400 ragazzi profughi la possibilità di frequentare la scuola in questa terra martoriata . Senza istruzione, senza formazione, non ci sarà futuro anche quando si creassero le condizioni perché questa gente possa rientrare in Siria o nella pianura di Ninive».

Ieri, mercoledì 12 ottobre, la tappa al campo profughi di Zaatari, a dieci chilometri dal confine siriano, allestito sotto la bandiera delle Nazioni Unite nel 2012, che accoglie oltre 80mila rifugiati siriani. «Sono impressionato – le parole del segretario Cei – non soltanto per le dimensioni di questo camo ma anche perché parlando con gli operatori che lo gestiscono si coglie che non c’è alcuna prospettiva a breve di smantellarlo, quasi un’ammissione di quanto lunga ancora sarà la crisi che l’ha generato». I responsabili della struttura raccontano di aggressività e manifestazioni ormai superate. Quello che resta, «in chiunque non intenda chiudere gli occhi – la riflessione di Galantino – è l’immane tragedia che segna questa gente».

13 ottobre 2016