Nell’ambito dei lavori della 69ª assemblea generale della Cei, il cardinale presidente Angelo Bagnasco ha presieduto questa mattina, mercoledì 18 maggio, nella basilica vaticana la Messa per i 50 anni della sua ordinazione sacerdotale. Una celebrazione iniziata con un sentito ringraziamento ai confratelli nell’episcopato, «perché avete accettato che fossi io a presiedere questa Eucaristia nel cinquantesimo della mia ordinazione sacerdotale. È per me una grazia – ha detto – che mai avrei pensato di avere: poter celebrare con voi questo anniversario. Nel mio, vorrei raccogliere pure i vostri diversi anniversari, anche se fossero già passati o fossero ancora da venire». Tutti insieme, ha proseguito Bagnasco, «è bello ritornare all’inizio sacramentale della nostra ordinazione, e lasciare libera per un momento l’onda calda dei ricordi».

Il «calore interiore», ha evidenziato il presidente della Cei, non è dato «dal successo, dal consenso, dal seguito che si può conseguire, ma dallo stare umile nella volontà di Dio: nella pace! Solo questo è il segreto della nostra vita di sacerdoti e di celibi». Quindi, guardando al percorso compiuto, ha continuato: «Sorge spontanea la domanda: abbiamo risposto a tanta grazia? I bilanci li fa il Signore, a noi l’affidarci alla misericordia con il dovere della lode, della confusione inesausta di fronte al dono, all’eccedenza del compito. A noi il desiderio crescente di mai sminuire la grazia ricevuta, né con i nostri limiti né con i nostri peccati, né con la tiepidezza o l’abitudine degli anni. La semplicità del nostro operare – le parole di Bagnasco -, all’altare, in casa, sulla strada, sia sempre frutto della nostra preghiera, dell’adorare la grandezza di Dio nella nostra debolezza, grati che Dio ci ami nella povertà».

Vigilare «sul nostro stare con Cristo» è il «primo modo per vegliare sul popolo che ci è afidato». Questa la riflessione consegnata dal porporato ai presuli. «Il nostro stare con Cristo – ha spiegato – è la condizione per poter stare con il popolo: in fondo al gregge per incoraggiare e sostenere i più deboli, in mezzo per ascoltare e capire le loro vite, davanti per dare l’esempio e la guida. Sappiamo ormai per esperienza che è impossibile vivere di programmi e attività, e che il lavoro generoso è per noi, il frutto è nelle mani di Dio». Per la nostra vita, ha ricordato ancora il cardinale, «c’è bisogno di serenità e di difficoltà, di purificazione e di prova, come anche di tempi di cammino gioioso con il Vangelo. Per questo, se guardiamo ai nostri anni trascorsi, insieme ringraziamo Dio per le ore buie e per quelle felici, per la libertà dell’obbedienza, sapendo che è meglio obbedire a chi si deve, per riuscire a non obbedire a chi non si deve».

Bagnasco ha poi sottolineato l’importanza dell’amore «per Dio e per il prossimo», che «porta con sé anche il carico della pazienza, dell’umiltà, della fiducia, sapendo che sotto i difetti degli uomini e le colorazioni della vita, sotto c’è sempre del buono». Quindi ha rinnovato «affettuosa vicinanza e piena e operosa collaborazione» a Papa Francesco. «Preghiamo – il suo invito – stretti al Santo Padre che, vicini alla tomba dell’apostolo Pietro, prega con noi e per noi. Noi preghiamo per lui, per la sua missione di Pastore universale».

Guardando agli anni trascorsi di sacerdozio, «abbiamo meglio compreso che è il Signore la sorgente della carità pastorale, non noi, la nostra buona volontà, le nostre doti – ha ricordato il cardinale -: solo il suo amore per noi ci rende capaci e ci spinge ad amare i fratelli senza trattenerli a noi stessi; a diventare un frammento di pane per la fame degli uomini; ad essere mano misericordiosa di Cristo che accoglie, ascolta, accompagna i poveri e i deboli nel corpo e nello spirito». Per questo, ha concluso, «non finiremo mai di ringraziare il Signore». Da ultimo, l’invito: «Preghiamo, cari amici, gli uni per gli altri, per i nostri presbiteri, le comunità affidate alla nostra cura di Padri e Pastori».

18 maggio 2016