Il Papa: «La misericordia è eccesso e straripamento»

Le tre meditazioni per il Giubileo dei sacerdoti a San Giovanni, Santa Maria Maggiore e S. Paolo. «Vanità, peccato di preti»

Le tre meditazioni per il Giubileo dei sacerdoti: a San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo. «Vanità peccato dei preti»

Crea vocaboli nuovi: «misericordiare per essere misericordiati». Ammonisce i suoi sacerdoti: «Il nostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quello di essere attaccati al denaro». Li invita ad essere misericordiosi per combattere l’egoismo e la vanità, «peccato di preti»: a sporcarsi le mani, a non essere distaccati, a non ridurre le persone ad un caso, ad essere pazienti e non bastonare i penitenti. Nella seconda giornata del Giubileo dei sacerdoti e dei seminaristi, quella di giovedì dedicata al ritiro spirituale, papa Francesco regala ai preti tre meditazioni che ha personalmente tenuto in altrettante basiliche.

Tanti approfondimenti offerti da Francesco che ha analizzato il tema della misericordia a tutto tondo. La prima riflessione «Dalla distanza alla festa», si è tenuta a San Giovanni in Laterano con i sacerdoti della Diocesi di Roma e quelli in servizio presso la Curia Romana. Il Pontefice si è poi recato a Santa Maria Maggiore, dove ha deposto un mazzo di fiori davanti all’icona della Vergine «Salus populi romani». Ad attenderlo i preti di altre diocesi. Tema della meditazione, «Il ricettacolo della misericordia». Nel pomeriggio, infine, su «Il buon odore di Cristo e la luce della sua misericordia» parla a San Paolo fuori le Mura, dove si trovano i sacerdoti stranieri.

Molti i consigli profusi da Francesco che più volte solleva gli occhi dai fogli per proseguire a braccio. Ricorda che una Chiesa senza misericordia è controproducente. Raccomanda di non essere preti giudici-funzionari nei confessionali che «a forza di giudicare “casi” perdono la sensibilità per le persone e per i volti» ma sacerdoti accoglienti e delicati, meno indagatori, e a non incalzare il penitente con le domande: «hai bisogno di tanti dettagli per perdonare o ti stai facendo il film?». Consiglia di utilizzare il proprio peccato «come ricettacolo della misericordia». Confida che si commuove quando vede un sacerdote che si confessa: «È una cosa grande, bella. Quest’uomo che si avvicina per confessare i propri peccati è lo stesso che poi offre l’orecchio al cuore di un’altra persona che viene a confessare i suoi».

E un prete che sa piangere per i suoi peccati «è un buon prete perché è un buon figlio e sarà un buon padre». Alla vigilia della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, invita i sacerdoti a rileggere l’enciclica Haurietis acquas di Pio XII che fu ritenuta «cose da suore». «Forse le suore capiscono meglio di noi, perché sono madri nella Chiesa – dice il Pontefice -, ci farà molto bene rileggerla. Il cuore di Cristo è un cuore che sceglie la strada più vicina e che lo impegna». A fare da sfondo alla prima catechesi è la parabola del padre misericordioso. Il Papa si sofferma sulla «dignità vergognata» e la «vergognata dignità» del figlio prodigo e prediletto.

«Dobbiamo situarci qui, nello spazio in cui convivono la nostra miseria più vergognosa e la nostra dignità più alta – afferma -. Lo stesso spazio. Sporchi, impuri, meschini, vanitosi – è peccato di preti, la vanità -, egoisti e, nello stesso tempo, con i piedi lavati, chiamati ed eletti, intenti a distribuire i pani moltiplicati, benedetti dalla nostra gente, amati e curati. Solo la misericordia rende sopportabile quella posizione. Senza di essa, o ci crediamo giusti come i farisei o ci allontaniamo come quelli che non si sentono degni. In entrambi i casi ci si indurisce il cuore».

La misericordia, «un eccesso di Dio, un inaudito straripamento» che fa «passare dall’esclusione alla piena inclusione», per il Papa ha un duplice aspetto: quello femminile – «il viscerale amore materno, che si commuove di fronte alla fragilità della sua creatura appena nata e la abbraccia, fornendo tutto quello che le manca perché possa vivere e crescere» – e uno maschile – «la fedeltà forte del Padre che sempre sostiene, perdona e torna a rimettere in cammino i suoi figli». Per Francesco «agire con misericordia è alla portata di tutti». «Non ci fa il photoshop – prosegue – ma con i medesimi fili delle nostre miserie e dei nostri peccati intessuti con amore di Padre, ci tesse in modo tale che la nostra anima si rinnova recuperando la sua vera immagine, quella di Gesù».

A Santa Maria Maggiore il Papa evidenzia
che «il cuore che ha ricevuto misericordia non è un cuore rattoppato ma un cuore nuovo, ri-creato» ed elenca i santi «quasi tutti grandi peccatori»: Pietro, Paolo, Agostino, Francesco, Ignazio di Loyola. «Il ricettacolo della misericordia è il nostro peccato – sottolinea -. Ma spesso accade che il nostro peccato è come un colabrodo, come una brocca bucata dalla quale scorre via la grazia in poco tempo». Invita quindi i sacerdoti a lasciarsi «guardare dalla Madonna senza fare troppi discorsi» perché la Vergine «guarda in modo “integro”, unendo tutto, il nostro passato, il presente e il futuro».

La meditazione a San Paolo fuori le Mura è incentrata sulle opere di misericordia e il Pontefice si soffermao sul sacramento della confessione attraverso il quale il sacerdote è segno e strumento tra il penitente e Dio. «È importante capire il segno dei gesti – afferma -. Se uno si avvicina al confessionale c’è già pentimento e ha il desiderio di cambiare». Francesco legge poi una lettera che ha ricevuto da parte di un parroco di un paesino di montagna nel quale racconta le difficoltà ma al tempo stesso la bellezza di essere sacerdote sempre sostenuto dal suo popolo.

 

 

3 giugno 2016