Nuovo umanesimo bussola per il Convegno ecclesiale di Firenze

La riflessione di don Morlacchi, delegato diocesano all’appuntamento di Firenze, all’apertura dell’assise: «Mettersi in ascolto della novità che germoglia»

La riflessione di don Morlacchi, delegato diocesano all’appuntamento di Firenze, all’apertura dell’assise: «Mettersi in ascolto della novità che germoglia»

Il Convegno di Firenze apre i battenti. Da oggi, 9 novembre, al 13 il capoluogo toscano sarà animato da celebrazioni, conferenze, testimonianze, dibattiti, condivisione di esperienze fra i delegati delle oltre 220 diocesi italiane. Il Convegno intende fare il punto sulla situazione della Chiesa italiana a metà del decennio pastorale orientato a «Educare alla vita buona del Vangelo». È consuetudine, infatti, che la Cei individui un progetto pastorale di durata decennale, e che a metà del decennio sia convocato un Convegno ecclesiale per tracciare un bilancio del primo lustro e indirizzare il secondo.

Il termine chiave, prescelto dai vescovi per definire l’orizzonte del Convegno, è “umanesimo”. Infatti la “vita buona” cui vogliamo indirizzarci è una vita pienamente umana, e il modello perfetto dell’umanità è Gesù. L’assise si svolgerà a cavallo tra l’assemblea del Sinodo sulla famiglia e l’apertura del Giubileo della misericordia. Potrebbe dunque risultare schiacciata – per così dire – tra due eventi di maggior risonanza ecclesiale; ma, per altro verso, questa collocazione temporale potrebbe dimostrarsi provvidenziale. Infatti proprio la famiglia e la misericordia sono i luoghi in cui l’uomo viene generato alla vita e rigenerato grazie al perdono.

Sembra opportuna, dunque, una riflessione sull’umanesimo, dopo l’ampio dibattito sinodale sulla vita familiare e in attesa delle celebrazioni giubilari. La parola del Papa non mancherà di farsi sentire al Convegno: stavolta non al termine dell’assemblea – come accaduto in passato – ma già il secondo giorno: quasi ad offrire spunti orientativi di riflessione, più che una sintesi compiuta del dibattito. È lo stile di Francesco, che ama il “pensiero incompleto e aperto”. Obiettivo del Convegno, del resto, è soprattutto quello di mettersi in ascolto della novità che germoglia, superare la stagnazione del già noto, aprire percorsi inediti per andare incontro alle nuove povertà del nostro tempo.

Ogni diocesi italiana sarà rappresentata a Firenze da una propria delegazione, i cui membri, scelti dall’Ordinario diocesano, contribuiranno al dibattito esprimendo il proprio pensiero: saranno voce spontanea della realtà ecclesiale di cui fanno parte, e non espressione di interessi di parte. Non si tratterà pertanto di negoziare gruppi di maggioranza per influenzare le scelte dei vescovi. Simili interpretazioni terra-terra (“carnali”, direbbe san Paolo) sarebbero radicalmente incapaci di cogliere la reale dinamica della Chiesa: hanno già inquinato la comunicazione massmediatica nel Sinodo da poco concluso, presentandone a volte solo una grottesca caricatura.

Piuttosto, si tratterà di mettere in comunicazione una fioritura di esperienze diverse – l’Italia è lunga, e le realtà ecclesiali tanto variopinte! – in vista di un cordiale arricchimento reciproco. Quest’attenzione alla ricchezza del concreto, voluta con determinazione dagli organizzatori, corrisponde alla consapevolezza che «la realtà è superiore all’idea», come papa Francesco non si stanca di ripetere. Il “nuovo umanesimo” non va costruito a tavolino, ma scoperto nelle pieghe della storia, nella vita delle nostre comunità, nelle iniziative profetiche che lo Spirito Santo continua a suscitare, soffiando dove vuole e come vuole. Per questo motivo lo svolgimento del Convegno prevede un sistematico ascolto della “base”.

Sono in programma infatti numerose sessioni di dibattito, nelle quali i partecipanti si ritroveranno in piccoli gruppi, ciascuno dei quali composto da dieci persone e coordinato da un “facilitatore”. Tutti i delegati avranno così ampia possibilità di condividere la propria esperienza e il proprio punto di vista: vescovi, sacerdoti, religiosi, laici… tutti potranno prendere la parola in gruppo e così contribuire al discernimento comunitario, con piena libertà e in una logica di sincera comunione ecclesiale.

Gli argomenti di riflessione saranno articolati in cinque grandi aree, corrispondenti ai cinque verbi che la Traccia di lavoro ha indicato come simbolo di una Chiesa in cammino, e cioè: «Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare». Ciascun gruppo di lavoro cercherà di suggerire modi concreti per edificare una Chiesa “in uscita”, capace di “annunciare” la novità cristiana, disposta ad “abitare” tutte le periferie esistenziali, orientata ad “educare” alla bellezza della fede e in grado di “trasfigurare” le realtà che meno corrispondono alla dignità dell’uomo. Il frutto del lavoro confluirà poi in cinque sintesi conclusive, che saranno elaborate da altrettanti relatori, scelti in modo da rappresentare la varietà dei carismi ecclesiali.

Si tratta infatti di un sacerdote (don Duilio Albarello), un monaco (fr. Goffredo Boselli), una religiosa (suor Pina Del Core), e due laici (Adriano Fabris e Flavia Marcacci): interessante notare anche che due relatori su cinque saranno donne. La Chiesa di Roma si è preparata al Convegno di Firenze soprattutto invitando i delegati a riflettere sulla Traccia di lavoro, senza impartire quindi “ordini di scuderia”. Ma la stessa vita ecclesiale è preparazione allo stile sinodale e impegno per un dialogo fecondo con la società. Basti pensare alla “Lettera alla città” che il cardinale Vallini ha presentato giovedì scorso alle autorità civili e alla comunità cristiana nella cattedrale di San Giovanni: un appello a costruire insieme una città “a misura d’uomo”, guidati dalla luce del Vangelo. Il nuovo umanesimo parte da qui.

(Filippo Morlacchi, delegato diocesano a Firenze 2015)

 

9 novembre 2015